Entrambi scoprirono la Madonna del Parto ai tempi della chiesetta di Momentana, cercando il contadino nei campi e facendosi aprire l’originario scrigno del capolavoro di Piero della Francesca. Entrambi ne hanno via via parlato come un gioiello assoluto, anche a prescindere di quale fosse la sua collocazione più opportuna. Ora entrambi l’hanno scelta per la copertina del loro nuovo libro. Entrambi: Massimo Cacciari, il filosofo prestato alla politica, e Vittorio Sgarbi, il critico da anni presente in tanti campi della vita pubblica. Due personaggi lontanissimi tra loro ma ora, e casualmente, accomunati da una scelta grafica che è poi anche una scelta esistenziale.
Una donna che porta in grembo un bimbo ma "in lei c’è la divinità. Lei è custode dello spirito di Dio", osserva Sgarbi. Maria, nel capolavoro di Piero della Francesca e nelle riflessioni di due intellettuali, appassionati del maestro del Rinascimento. La Madonna del Parto, custodita a Monterchi e al centro di lunghe vicissitudini sulla destinazione definitiva tra il museo un tempo scuola elementare e la cappella del cimitero, entra con tutta la potenza nelle ultime fatiche letterarie del critico d’arte e del filosofo.
Sì, proprio la Madonna del Parto è l’immagine scelta da entrambi per la copertina dei volumi appena usciti in libreria. Sgarbi dedica l’approfondimento alla Natività (La nave di Teseo) in un viaggio alla scoperta del rapporto tra madre e figlio nell’arte. Cacciari ne "La passione secondo Maria" (Il Mulino) si sofferma sulla forza che sprigiona l’immagine di questa Donna dove "attesa e promessa, angoscia e speranza, abbandono, si uniscono senza confondersi e senza età. E il Figlio è il suo bimbo, suo fratello e il suo sposo", scrive nella sinossi del libro.
Percorsi diversi ma che riconducono, ciascuno per la sua strada, alla Madonna del Parto e al legame, molto stretto, che negli anni Sgarbi e Cacciari hanno intrecciato con Piero della Francesca tra Arezzo, Monterchi e Sansepolcro.
Nelle sue frequenti incursioni aretine, Sgarbi rivela che vive con l’artista che continua a impressionare il mondo negli affreschi che narrano il ciclo della Vera Croce, nella basilica di San Francesco o la potenza del Cristo che risorge nel capolavoro che Sansepolcro custodisce da secoli. Un rapporto di familiarità "legato anche a innumerevoli occasioni delle mie visite ad Arezzo e Montechi e anche alle polemiche sul fatto che l’opera dovesse stare nei locali della scuola piuttosto che nella cappella del cimitero; una frequentazione lunga e confidenziale". E Cacciari più volte ha raccontato in passato al nostro giornale la sua scoperta di Piero. "Avevo meno di vent’anni quando per la prima volta ho scoperto quel dipinto. E una volta aperto il custode se ne andava a continuare i suoi lavoretti: e tu rimanevi lì, da solo, e avresti potuto prenderti l’opera e portartela via". No, l’ha sempre lasciata lì, proprio come il critico. Solo riportandosene a casa le emozioni e le folgorazioni che via via riemergono nei suoi libri. E adesso sulla loro copertina.