"Ho visto nascere anche la piccola Ilin, figlia di una palestinese di Gaza a bordo della nave per assistere l’altra figlia ferita. Ho visto il trapianto di un nervo periferico per restituire a una donna l’uso parziale di una gamba compromessa da un bombardamento".
Decio Viscidi è un medico anestesista dell’ospedale San Donato di Arezzo che nei mesi scorsi ha risposto alla chiamata della Marina Militare per portare il suo supporto professionale ai feriti della striscia di Gaza. Si è imbarcato nella nave Vulcano, ormeggiata nel porto egiziano di Al-Arish.
"Queste persone non avevano solo le ferite visibili, che abbiamo curato, ma anche quelle non visibili fatte di traumi e lutti. Non avevo mai visto ferite di guerra, che riguardano sono solo il fisico ma anche il vissuto. Per me è stato un prendere consapevolezza di una situazione che viviamo da lontano e che si pensa non ci riguardi. Esperienze che comportano un coinvolgimento emotivo: essere andato lì è stato importante, un’esperienza che rifarei".
Sulla nave il medico ha vissuto 24 ore su 24 a contatto col personale sanitario e i pazienti. "Fondamentale l’affiatamento con i colleghi – spiega - si parla di casi clinici ma trovano spazio anche le nostre cose personali. L’apporto che ho ricevuto non è stato solo professionale ma rappresenta anche un arricchimento personale".
Tra i compiti dell’equipe medica a bordo della Vulcano, anche aver assistito alla nascita di una bambina. Il medico aretino è tornato con un grande carico emotivo e professionale, ma ha portato indientro anche le foto dei disegni fatti dai bambini curati sulla Vulcano. "I disegni descrivono, più dei segni fisici, le ferite dello spirito ma anche la riconoscenza verso il nostro impegno – spiega Viscidi – siamo riusciti a coinvolgerli nel gioco, i bambini hanno fatto disegni che hanno descritto il loro stato d’animo". Il medico conserva alcune foto di quei disegni che raccontano il prima e il dopo i bombardamenti: "Molti di questi bimbi non erano mai usciti da Gaza. Erano malnutriti oltre che feriti quelli arrivati sulla Vulcano la quale, per molti di loro, ha rappresentato un punto di passaggio verso una nuova vita. Attraverso i social sono rimasto in contatto con molte delle persone che ho curato e ho anche ricevuto videochiamate".
Angela Baldi