REDAZIONE AREZZO

"Furono finanziamenti da festival degli orrori"

Duro il giudizio del tribunale sul finanziere Rigotti ma dopo le motivazioni sugli assolti i risparmiatori attaccano. "Solo ingenuità? Sbalorditivo"

"Le pratiche dei vari finanziamenti a Pegasus, Cib e Hevea sono una sorta di festival degli orrori quanto a diligenza e conformità alle regole in materia di erogazione del credito". E’ un giudizio durissimo quello del tribunale di Arezzo - presidente Gianni Fruganti, l’ultimo ’atto’ prima di appendere la toga al chiodo – sul ruolo del finanziere trentino Alberto Rigotti, unico condannato a sei anni nell’ambito del giudizio sulle bancarotte e non sui motivi del crac.

Secondo il tribunale "si è asservita la banca all’interesse personale – scrivono i giudici in 560 pagine – anzi si è continuato da parte di Rigotti, ad asservire la banca ai propri interessi personali, schermandosi dietro altre società e loschi figuri che si sono occupati del lavoro sporco individuando i malcapitati da utilizzare per realizzare i progetti criminosi del mandante, e giovandosi della complicità dei di lui referenti in banca, il top del top del vertice aziendale, il presidente Fornasari e il direttore generale Bronchi (condannati a 5 anni di reclusione con il rito abbreviato, ndr)".

Ma se il giudizio contro il condannato non concede alcuna attenuante alla condotta per i 22 imputati (Franco Arrigucci, Mario Badiali, Federico Baiocchi, Maurizio Bartolomei, Alberto Bonaiti, Luigi Bonollo, Ugo Borgheresi, Piero Burzi, Paolo Cerini, Giovan Battista Cirianni, Gianpaolo Crenca, Laura Del Tongo, Enrico Fazzini, Augusto Federici, Paolo Fumi, Natalino Guerrini, Giovanni Inghirami. Saro Lo Presti, Gianfranco Neri, Andrea Orlandi, Carlo Platania, Carlo Polci, Lorenzo Rosi e Massimo Tezzon) mandati assolti i giudici differenziano le condotte.

Dall’operazione relativa a Villa San Carlo Borromeo, 21 milioni persi da Banca Etruria, dove, secondo il tribunale Bpel rimase vittima di una truffa. Ma questo all’epoca, si argomenta, gli amministratori finiti poi sotto accusa non potevano saperlo. Lo stesso per il finanziamento Privilege Yard, relativo alla costruzione del mega yacht. È vero che i 25 milioni concessi da Bpel nell’ambito di un prestito in pool di 80, presero la via dei paradisi fiscali ai Caraibi ma anche in questo caso gli amministratori di Bpel ne erano ignari e inizialmente il finanziamento era correttamente congegnato e garantito. Per quanto riguarda invece il prestito Sacci, la grossa sofferenza di ’Etruria’ con 60 milioni in fumo, si trattò, secondo i giudici, di un’operazione di mercato: la Sacci acquistava la cementiera Lafarge Italia, ma la crisi del 2008 mandò in crisi il mercato fino al fallimento della stessa Sacci. Anche tutto ciò era imprevedibile all’epoca in cui fu deliberato il finanziamento. Tanto che per Federici era "l’operazione della vita". "Sarebbe bizzarro ipotizzare che un imprenditore di rango, mettendoci a garanzia tutti i beni e una montagna di soldi veri (26milioni con la finanziaria di famiglia e 40 propri con la fidejussione) lo abbia fatto non credendoci fino in fondo".

Una parte è dedicata anche all’estromissione dell’allora presidente Elio Faralli con un "colpo di stato", nel quale lo stesso Rigotti passò da vecchio alleato del presidente a sostenitore della nuova maggioranza attorno a Giuseppe Fornasari: "Faralli è una sorta di convitato di pietra: a lui sono adddossate una grande quantità di condotte gravemente illecite senza però che in relazione ad esse di lui si sia anche solo parlato. Ritiene il Collegio di dover rilevare con la necessaria energia che l’eventuale responsabilità di Faralli non è mai emersa in alcun modo".

Nessuna contestazione anche per gli allora vicepresidenti Inghirami e Guerrini al centro delle riunioni informali la sera prima dei Cda: "Non vi sono elementi di sorta per ritenere che su quella conmoscenza anticipata delle pratiche possa fondarsi la prova della bancarotta fraudolenta". E nemmeno la vicenda Città Sant’Angelo Sviluppo addebitata al presidente per 8 mesi, Lorenzo Rosi e ai vice "non c’è spazio alcuno per l’ipotesi di bancarotta faudolenta dato che la ricostruzione dell’operazione impone di escludere la natura di dissipazione". In procura intanto leggono le motivazioni per decidere in pool (il procuratore Rossi e i pm Masiello e Maggiore) se impugnare in Appello, che sembra una strada percorribile. In particolare sui circa 200milioni di euro andati in fumo per le bancarotte fraudolente. "Per il giudice Fruganti a portare al collasso banca Etruria è stata l’ingenuità dei suoi amministratori: motivazioni sbalorditive" attacca Letizia Giorgianni, presidente dell’associazione Vittime del Salvabanche.

Eri.P.