LUCA AMODIO
Cronaca

Maxi furto d’oro, l’operaio infedele scarcerato: “Soffro di ludopatia, per questo ho rubato”

L’inchiesta dei carabinieri e gli arresti dopo il colpo da seicentomila euro in provincia di Arezzo. Il giovane chiede scusa per quello che ha fatto. È stato l’unico che agli interrogatori di garanzia davanti al giudice per le indagini preliminari ha voluto parlare

La procuratrice di Arezzo Gianfederica Dito che coordina le indagini

La procuratrice di Arezzo Gianfederica Dito che coordina le indagini

Arezzo, 15 febbraio 2025 – Ha trascorso il San Valentino a casa della fidanzata ma fino a ieri mattina era in carcere. Con l’accusa di rapina. Lui, 30 anni, rumeno, è il basista del colpo all’Italiana Horo di Badia Al Pino: il blitz da 600 mila euro messo a segno con lo spray al peperoncino.

È stato l’unico che agli interrogatori di garanzia davanti al giudice per le indagini preliminari ha voluto parlare. Ha chiesto scusa all’imprenditore e ha spiegato quella che era la sua situazione: “Soffro di ludopatia, per questo ho rubato“.

Una strategia, quella affinata insieme ai suoi legali Tiberio ed Eugenio Baroni, che ha dato i suoi frutti tant’è che il gip ha deciso di dargli un’altra possibilità: niente carcere ma sì ai domiciliari. E poi era incensurato e anche questa non è una cosa da sottovalutare. Anzi. Fatto sta che comunque ieri sera è tornato a casa: o meglio, dalla fidanzata. Giusto in tempo per festeggiare San Valentino.

“Siamo soddisfatti - commentano i due legali - ringraziamo i giudici per aver dato una nuova chance al giovane”.

E poi seminano l’auspicio: “Adesso, il giovane vuole tornare al lavoro, chiediamo all’imprenditore che possa continuare a lavorare nell’azienda, anche perché il reinserimento nel luogo di lavoro potrà essere prezioso anche ai fini terapeutici del nostro assistito, che soffre di ludopatia”.

Era lui nella ricostruzione degli investigatori il dipendente infedele, quello che stava caricando nell’auto i quindici chili di oro da raffinare insieme al titolare: entrambi erano stati colpiti dalla sostanza urticante il 28 giugno scorso.

A ferirlo erano i suoi complici che, così da inscenare il tutto nel modo più credibile, avevano preso di mira anche lui. Un dolore agli occhi per qualche ora, certo, ma il gioco valeva la candela: nel bottino sono finiti 600mila euro di preziosi. Peccato che a distanza di quasi 8 mesi sono scattate le manette con l’operazione Gold strike così come l’ha denominata la procura di Arezzo che ha coordinato l’inchiesta dei carabinieri della compagnia di Arezzo.

Il blitz all’alba di lunedì e così ecco che sono finite in carcere sette persone, quattro ai domiciliari più due denunciate. Le accuse nei loro confronti erano diverse: a qualcuno gli è stata contestala rapina ad altri furto, ricettazione e associazione a delinquere.

Mercoledì si è svolto l’interrogatorio di garanzia davanti al gip di Arezzo. Bocche cucite da parte di tutti se non del ladro difeso da Baroni senior e junior, l’unico che è tornato a casa. E comunque la situazione è tutta da vedere: malgrado gli indizi, si parla di indagini e il processo è ancora da iniziare. A prescindere che ci sarà da vedere se tutti verranno rinviati a giudizio o meno.

Ad inchiodarli i carabinieri della Compagnia di Arezzo che per per il blitz hanno lavorato sotto copertura per tutti questi mesi tra intercettazioni e pedinamenti. Tutto raccolto in un un dossier da 4mila pagine. Anche perché i protagonisti della vicenda di quel che avevano fatto parlavano liberamente al telefono.

Altro che linguaggi in codice, tutto scandito senza alcun pudore. Si credevano inarrestabili e stavano già pianificando le prossime rapine, dopo aver collezionato anche quella all’oreficeria del Grotti, ai Porcinai. Il prossimo colpo sarebbe stato a Firenze, pensavano. Ma per ora in programma per loro c’è solo il carcere.