La sala si sta riempiendo e i microfoni sono accesi. Al nostro, abbiamo il generale in congedo Luciano Garofano che sta per aprire la tre giorni del congresso nazionale dell’Accademia Italiana di Scienze Forensi. Siamo all’Hotel Minerva, dove fino a domani saranno discussi i temi legati alla professionalità forense. Con le parole del titolo: "Una giustizia certa: scienza e tecnologia al servizio delle indagini".
Generale, l’intelligenza artificiale è uno strumento vantaggioso o un pericolo?
"In questo momento ancora non ne conosciamo i confini, abbiamo cominciato adesso ad apprezzare gli aspetti positivi dell’intelligenza artificiale. Per ora ci siamo trovati davanti a vantaggi obiettivi".
Il prossimo passo?
"Anche se abbiamo la percezione positiva che l’intelligenza artificiale sia ancora più efficiente rispetto alla mente umana e questo ci affascina, è nostro dovere comprenderne limiti e rischi, affidando questo compito agli esperti di settore e mettere dei paletti prima che sia troppo tardi. Non accorgendoci oggi dei potenziali pericoli dell’intelligenza artificiale rischiamo di trovarci domani, in una condizione di sudditanza difficilmente risolvibile".
Cosa ci dice invece al proposito della mediatizzazione dei casi di cronaca nera?
"Se la trasposizione mediatica dei casi si identifica con il giornalismo investigativo è assolutamente condivisibile. Non lo è quando nei contenuti si cade nella narrazione di aspetti che possono ledere la privacy e minare la serenità delle persone, soprattutto di quelle coinvolte in casi tragici. Credo che nel momento in cui il processo è pubblico, sia giusto che venga rappresentato e commentato tutto quello che viene discusso in un dibattimento. Ma le anticipazioni, anche parziali, possono risultare poco rispettose dei protagonisti, chiunque essi siano, perché li possono rendere vittime secondarie. Tutti hanno diritto a d una informazione equilibrata e ad un processo equo".
Lei nei suoi libri tratta anche il fenomeno dei femminicidi. Come contrastarlo?
"Dobbiamo investire di più nell’educazione, specialmente in un momento sociale come questo che vede il ruolo genitoriale molto meno incisivo rispetto al passato".
Che ruolo ha la rete in questo?
"Molti di quei valori e riferimenti che avevano i giovani un tempo sono venuti a mancare e trovano spesso, nella rete, l’unica fonte di alimentazione. In un certo senso, la vita reale è stata progressivamente sostituita da quella virtuale e questo non influisce positivamente sull’educazione al rispetto, alla solidarietà, alla parità che ci deve essere tra uomo e donna. Credo che dovremmo continuare a interrogarci ogni giorno sul nostro ruolo di adulti e sfruttare qualsiasi episodio per confrontarci e dialogare con i nostri ragazzi, a casa come a scuola. E continuare ad investire nella sensibilizzazione al problema della violenza di genere, ascoltando attentamente il loro pensiero e le loro inquietudini".
Quale orizzonte comune tra scienza e giustizia emergerà da questi tre giorni?
"L’importanza di continuare a incidere sulla formazione, sulla professionalità e sulla ricerca, affrontando i casi attraverso un approccio multidisciplinare che bandisca il pregiudizio e punti costantemente alla verifica puntuale della tenuta delle ipotesi prospettate”.