Caudio Santori
Volge al termine l’anno vasariano che ha dato il giusto riconoscimento al grande artista al quale tuttavia ci sarebbe anche da rimproverare di aver assistito senza batter ciglio alle distruzioni volute da Cosimo I (abbattimento di torri, del Duomo Vecchio e del teatro romano), limitandosi alla famosa affermazione: "Io che mangio il loro pane sono forzato obbedire". Ma non è stato dato il dovuto rilievo a una faccia meno nota del Vasari: quella del poeta. Egli infatti ha celato in versi bellissimi e dolenti, che hanno la drammaticità della lirica greca, i due avvenimenti più conturbanti della sua vita: la perdita di un grande amore e quella di una grande amicizia.
Cominciamo dai versi che fanno luce sulla polemica con Pietro Aretino, che portò alla rottura di un’amicizia che datava dall’infanzia (compagni di banco alla scuola del Pollastra). Ma cosa successe esattamente? Difficile dirlo con precisione perché i due non si confrontarono mai direttamente. Don Ippolito scrive al Vasari che Pietro era adirato con lui perché sarebbe andato via da Venezia lamentandosi di essere stato chiamato per mantenere col suo lavoro lo stile di vita lussuoso e dissoluto dell’amico. Il Vasari nega di aver mai detto simili cose, e un pieno chiarimento non venne mai. "Che mi fu ragionato -dice- / che le spese abbia a far io a lui... e ancora: e so che lo scriver molto non vi costa,/ come a me far gambe, piè, capi e busti... per non esser al nome vostro in bando / finisco qui e mi vi raccomando: è una calunnia e si raccomanda che si chiarisca". Peccato che tutte queste argomentazioni non furono mai esposte in diretto confronto fra i due, ma sempre indirizzate ad altri che poi riferivano, magari distorcendo. Lo screzio fu dovuto quindi a chiacchiere: se fosse esistito il telefono tutto sarebbe rientrato. Così poteva allora finire un’amicizia...
Un altro duro momento è quello dei versi per la moglie Niccolosa. Infatti il grande amore della vita del Vasari, pienamente ricambiato, fu Maddalena, giovane vedova, sorella maggiore di Niccolosa, figlie entrambe di Francesco Bacci, discendente della famiglia che aveva commissionato a Piero i famosi affreschi. Da lei il Vasari ebbe due figli: Anton Francesco e Alessandra. Il Bacci aveva tutti i motivi per essere furibondo perché una figlia con due figli fuori dal matrimonio era allora un’onta insanabile per la famiglia. E il Vasari, nonostante i figli fossero suoi, non la poteva più sposare, anche perché un pittore non era un buon partito per la figlia di un ricco mercante.
En passant sappiamo di un terzo figlio illegittimo che il Vasari ebbe parecchi anni dopo, dalla serva della casa di Firenze, tale Isabella Mora, che non è il cognome, ma l’indicazione della razza. Il pasticcio fu risolto con i buoni uffici di Pietro Aretino che era buon amico del Bacci, mettendo i figli agli Innocenti a Firenze, dando Maddalena in sposa a un capitano delle guardie di Lucignano e facendo sposare al Vasari la Niccolosa che era illibata essendo fanciulla undicenne, tanto è vero che rimase in casa del padre e le nozze furono consumate più tardi, quando lei era ormai in età di 14 anni. A convincere il Vasari pensò il papa Giulio III: il matrimonio si configura quindi come riparatore.
Tutto questo travaglio emerge da versi bellissimi e drammatici: "l’arte m’ingombra e’l cor sospira / per la mia donna, et ambi mi dan morte: vivo per l’arte e sospiro per amore e l’amore mi tormenta a morte... Ero già dolce, or spesso avampo d’ira, / ch’aggiro in laberinto pien di porte: / mi mena l’una all’opre pien di fama, / m’ingombra l’altra a lassar nuova prole / et altri mi conduce a servitute: ero sereno e ora spesso avvampo d’ira perché vago in un labirinto pieno di porte: una porta mi indirizza all’arte che mi darà la fama, l’altra mi impaccia con nuova prole [i figli avuti da Maddalena] e un’altra mi porta a servitù [il matrimonio con Niccolosa, sentito come una servitù perché lo costringerebbe a rinunciare ai benefici ecclesiastici possibili presso la corte papale dei Farnese]. Fra ’l sì e ’l no combatte il senso mio; / l’amor che m’hai mi sforza assai amarte, / l’esser d’altrui affatto mi diparte / da te, ma l’amor tuo non mett’in oblio. / Tanto quanto vivrò, tuo sarò io, / ma non di notte, perch’in altra parte / tendo mie rete e do l’alma in disparte, / ché ’l buon cercando vo fuggendo il rio: sono combattuto fra il sì e il no, l’amore che tu hai per me mi costringe ad amarti, ma l’essere di altri mi allontana da te: sarò tuo per la vita, ma non di notte [cioè non più carnalmente] perché ormai tendo la mia rete altrove e fuggo il male cercando il bene".
Così il Vasari si congeda da Maddalena, dicendole drammaticamente di non poterla più frequentare perché deve sposare la sorella Niccolosa per riparazione del rio [cioè della malefatta dei figli illegittimi], ma l’amerà per sempre! Si può dedurre da tutto questo che il matrimonio con la fanciulla non fu né voluto né gradito al Vasari, il quale fra i motivi della depressione che lo colse, ebbe non solo la consapevolezza di lasciare la moglie sola nella grande casa per settimane e mesi, ma anche il cruccio di non riuscire a fare con lei dei figli, cosa che, al momento della decisione di allontanare quelli di Maddalena nessuno poteva immaginare.