SERENA CONVERTINO
Cronaca

I giovani in fuga da Arezzo: “In città si sono poche opportunità”. Le storie

Una comunità sempre più vecchia, lo dicono i dati della Cgia: sempre meno under 34. A fare le valigie sono soprattutto le nuove generazioni

Giovani in una foto di repertorio. In molti lasciano Arezzo per andare a lavorare all'estero

Giovani in una foto di repertorio. In molti lasciano Arezzo per andare a lavorare all'estero

Arezzo, 8 aprile 2025 –  Che lo si chiami fuga di cervelli, esodo, o emigrazione, il numero di italiani che decidono di trasferirsi all’estero è in crescita. Secondo i dati Istat elaborati dal Sole 24 Ore, il fenomeno ha segnato a livello italiano un +20% con quasi mezzo milione di emigrati tra 2022 e 2024. E anche se Arezzo non rientra nella top 40 delle province con più emigrati all’estero, non c’è di che gioire.

Città e provincia, secondo i dati dell’ufficio studi Cgia, sono sempre più vecchie con un numero di giovani adulti tra i 15 e i 34 anni, di fatto, in calo continuo. Detta con dei dati, si tratta del 6,6% in meno rispetto a 10 anni fa, una percentuale impietosa che ci classifica come 50esima città più vecchia d’Italia, preceduta da una stragrande maggioranza di città del sud, e una manciata di centroitaliane, da contare appena a due mani.

A farci compagnia in Toscana solo Massa Carrara alla 43esima posizione, e 10 province del centro Italia, sparse tra Marche Umbria e Lazio. Le restanti 38 sono tra il sud e le isole.

Un inverno demografico sempre più rigido, cui si aggiunge la brutta tempesta dell’emigrazione all’estero. Come fa sapere Istat, a espatriare sono soprattutto gli italiani, che se ne vanno in ben 156mila (+36,5% rispetto al 2023) scegliendo come meta prevalentemente la Germania, la Spagna e il Regno Unito.

A guidare oltreconfine, sono soprattutto le aspettative lavorative e la possibilità di crescita professionale di giovani che, in Italia, non trovano alternative. Sempre secondo i dati Istat tra 2013 e 2022, uno su tre cittadini espatriati aveva un’età compresa tra i 25 e i 34 anni. Il 37,7% di loro era in possesso della laurea al momento della partenza e solo una parte è poi tornata in Italia. Un rapporto in perdita che ha visto partire e non rientrare più oltre 87mila giovani laureati.

La storia di Samuele

La laurea a Firenze, e poi il grande passo. Una candidatura a Barcellona per un lavoro con Google Ads. Samuele Shehaj, nato e cresciuto a Subbiano, ha 25 anni. Dopo gli anni delle superiori e la triennale in scienze politiche, la ricerca del lavoro. “Subito dopo la laurea ho iniziato a fare più lavori per cercare di mantenermi e progettando di continuare gli studi. Ho mandato candidature a centinaia, senza mai ricevere risposta. Non venivo preso nemmeno per fare l’operaio perché, a quanto pare, ero troppo qualificato”. Poi, la svolta. La candidatura a Barcellona per un lavoro con Google Ads, un mese intero di colloqui e, infine, la chiamata. “Non pensavo che sarei stato preso. All’inizio non è stato facile. Quando sono partito non conoscevo nessuno e il lavoro era tutto in inglese. Ma mi sono ambientato in fretta”.

Samuele vive a Barcellona da maggio 2022, quasi 3 anni, e non tornerebbe indietro. “Sono cresciuto in fretta, sotto ogni punto di vista. Dopo un anno e mezzo con Google e qualche mese in un’altra grande azienda, ho deciso di diventare freelance. Oggi, lavoro per aziende e clienti soprattutto italiani, ma in Italia no, adesso non tornerei”. Cosa pesa di più nella sua scelta? “Quello che manca di più, in Italia, è l’apertura, la possibilità di crescere così in fretta in un ambiente stimolante. A Barcellona è facile trovare lavoro e ottenere da subito stipendi ben pagati, welfare e diritti”. Come Samuele, molti altri. “Molti degli italiani che lavorano qui guadagnano il doppio rispetto a quanto guadagnerebbero in Italia senza essere penalizzati dalla giovane età. Quello che conta, qui, è il merito e non l’anzianità”.

Alberto vive a Tokyo

Ha 26 anni e una carriera nella finanza, a Tokyo. Alberto Ceccarelli ha in tasca una laurea in economia e una in finanza. La prima a Roma e la seconda a Parigi. Una vocazione internazionale che porta Alberto a volare all’estero già dal 2020. Gli studi internazionali e i tirocini ad Amsterdam e a Parigi. Poi, il primo passo fuori dalla business school con un lavoro a tempo indeterminato in un’azienda francese. “Dopo l’assunzione nel 2023 mi sono spostato dalla Francia alla Polonia, e adesso in Giappone. Vivo a Tokyo da ottobre e sarò qui almeno per altri 6 mesi. Poi, chissà”. La prospettiva di tornare in Italia sembra lontana ma non impossibile.

“Lavorare all’estero è stata una scelta dettata da volontà e curiosità personale, ma mi sono reso conto che in Italia non avrei avuto le stesse possibilità di crescita. Prima o poi potrei tornare, ma in un futuro più lontano. Sento che non è il posto giusto per iniziare la mia carriera, ma che potrebbe essere un buon posto dove tornare una volta raggiunto un certo livello professionale”. Cosa trattiene i giovani lavoratori e studenti all’estero? “L’età, fuori dall’Italia, non è un limite, ma un valore aggiunto. Molte aziende cercano neolaureati a cui offrire stipendi significativamente più alti che in Italia, così come possibilità di sviluppo e crescita personale”. Il plus più grande? “La meritocrazia. Per la mia esperienza, lavorare bene viene sempre tenuto in considerazione con gli incentivi adatti. Per non parlare dell’ambiente lavorativo che ho sempre trovato molto stimolante: è bello lavorare in un contesto multiculturale, tutti hanno un background diverso. In Italia, sarebbe diverso”.