GLORIA PERUZZI
Cronaca

Goretti, attore per caso: "Ho iniziato con i bimbi ma ora divento cattivo"

L’artista casentinese debuttò in uno spettacolo per piccoli spettatori della compagnia Nata. Adesso porterà su Rai 1 un personaggio negativo.

L’artista casentinese debuttò in uno spettacolo per piccoli spettatori della compagnia Nata. Adesso porterà su Rai 1 un personaggio negativo.

L’artista casentinese debuttò in uno spettacolo per piccoli spettatori della compagnia Nata. Adesso porterà su Rai 1 un personaggio negativo.

Gloria Peruzzi ono un passeggero di questa giostrina chiamata recitazione ma potrei scendere da un momento all’altro. Nonostante abbia molti estimatori, questo mestiere non è riuscito a volermi bene quanto gliene ho voluto io". Riccardo Goretti, attore, autore, regista casentinese ma cittadino di ogni palcoscenico, vive a Prato da oltre dieci anni. In autunno lo vedremo su Rai 1, diretto da Michele Soavi nella serie ‘Le libere donne’: "Per me, nerd cresciuto con i suoi horror anni ’80, è stato un onore. Per la prima volta interpreto un cattivo e ne sono felice, nonostante il mio personaggio sia disgustoso".

A teatro? "Torno in Casentino a inizio maggio con due spettacoli: al Museo della Lana di Stia e al Teatro degli Antei di Pratovecchio. Intanto a Prato, con Massimo Bonechi, stiamo rilanciando lo Spazio Teatrale Allincontro. Un luogo che oggi, tra leggi statali e di mercato, rischia di sparire come molti".

Cosa sta succedendo? "Oggi esiste solo l’off-off-off o il teatro stabile. È sparita la fascia di mezzo, quella vitale e indipendente".

Ci fa un esempio? "Parlo del ‘teatro delle cantine’, come il Rialto a Roma da cui è emersa Lucia Calamaro, la regista che ha scritto ‘FolleMente’ per Paolo Genovesi. Senza questi posti, chiudiamo il futuro".

Come reagire? "Non possiamo certo fare la rivoluzione, ma grazie ai rapporti personali, riusciamo a portare ‘Allincontro’ un’offerta di respiro nazionale e a rivendicare un po’ la bellezza dei luoghi che non devono seguire le logiche del consiglio di amministrazione".

Come è arrivato al teatro? "Per puro caso. Un corso a Bibbiena, tenuto dalla compagnia Nata. Mi notarono e mi coinvolsero in uno spettacolo per bambini. Pensavo: ‘Facciamo un mese di prove, poi finisce’. Invece facemmo tantissime repliche. Diventai attore prima ancora di rendermene conto".

Era destino? "Forse sì. Ma il vero colpo di fulmine fu vedere Antonio Rezza. In quegli anni ero molto più dedito al rock’n’roll che al teatro, ma vedendo Rezza capì che si poteva fare rock’n’roll anche in teatro".

Il momento più folle o inaspettato? "Folle è tutta la vita in tournée. Essere una sera a Parigi, con Isabelle Huppert in prima fila e, quella dopo, alla Casa del Popolo di Foiano, è inaspettato e bellissimo".

Un aggettivo che la descrive? "Stanco...".

Perché? "Lo dico per ridere, ma anche per davvero. A 45 anni, una figlia di due, non è uno scherzo. Ma, soprattutto, sono stanco per come è cambiato il mio lavoro con l’avvento dei social".

Ci spieghi... "Oggi conta più la visibilità che l’esperienza. Ti supera l’influencer che ha più follower, perché tutto è diventato impresa, e anche l’arte deve garantire un ritorno. Ciò che pesa di più è che, l’aumento esponenziale di follower, spesso avviene sfruttando temi davvero delicati".

Siamo pilotati dai social? "Esattamente. Dobbiamo rendercene conto, purtroppo se ne parla poco anche per questo sto lavorando a uno spettacolo con la mia compagna, Emilia Scarpati Fanetti e Massimo Bonechi".

Quando lo vedremo? "Il 27 giugno, a Prato. Sarà solo uno studio, ma forse ci sarà anche Davide Piacenza, autore de ‘La correzione del mondo’, il libro da cui nasce lo spettacolo".

Se potesse parlare con il Goretti di 15 anni fa? "Gli direi: ‘Va bene così, Ciccio, ma inizia a pensare a un piano B. Forse un giorno questo giochino ti stancherà, quindi coltiva anche un’altra passione, perché non è detto che la vita debba essere sotto un riflettore a tutti i costi".

Lascerebbe il teatro? "Se potessi fare un altro lavoro che mi appassiona, subito...".

Tipo? "Amo i giochi da tavolo ed, effettivamente, c’è un progetto in cantiere con una persona nota, ma non posso dire di più".

Il sogno da realizzare? "Un film, scritto con Patrizio Gioffredi: ‘Anni confusi d’amore’, la storia di Donato Sannini, il regista che scoprì Roberto Benigni. Una figura straordinaria, purtroppo dimenticata. Abbiamo la sceneggiatura pronta. È lì, aspetta".

Il suo luogo del cuore? "Stia. Siamo scappati in tanti della mia generazione, ma quando risali dalla Consuma e rivedi il paese... ti si apre il cuore".

Un ricordo tutto aretino? "Gli anni di Arezzo Wave. Non era un festival, era un miracolo".