Arezzo, 14 luglio 2023 – "È stato un grande, è un eroe questo ragazzo": Marcello Amadori esce dalla sua camera di cardiologia con il sorriso che è il premio migliore per tutti. Al suo fianco Alessandro, una t-shirt di quelle dei ragazzi della sua età e l’espressione matura di chi non scherza sulle cose serie.
“Mi ha fatto rinascere" commenta Marcello. Come un babbo? "Beh, diciamo come un figlio, via, proprio babbo...". Nel corridoio fuori della cardiologia si respira per una volta il clima della festa. Le tute gialle del 118, il camice di Anna Sabini, vicedirettrice del reparto, la numero 2 del primario Bolognese.
Perfino il sollievo di Barbara Innocenti, la direttrice del San Donato. Ma alla fine tutti gli occhi sono per Marcello e Alessandro.
"Non ricordo niente, neanche un’immagine". La sua ultima memoria è alla festa nel sagrato, il bambino di 10 anni per la mano, il clima rilassato della mezzanotte.
"Mi sono svegliato nella camera, con tutti gli elettrodi. Lì per lì ho pensato che fosse successo qualcosa a mio figlio".
Impossibile immaginare che ne avesse trovato un altro, per dirla con lui. Anche se occhio: i genitori di Alessandro sono lì, ad un passo dalla scena e non hanno alcuna intenzione di farsi portare via il loro eroe. Gianluca Dioni, musicista di rango, e la moglie restano in disparte, quasi avessero il timore di rubare anche solo un attimo di scena a quel figlio straordinario.
L’altra sera era insieme al Vescovo Migliavacca, nel chiostro del seminario. Presto sarà in Regione, ospite del presidente del consiglio Antonio Mazzeo. Ed è probabile che il cursus honorum non si fermi qui, perché questo è uno di quei gesti che bucano, lo schermo e l’attenzione della gente.
"Non sapevo se Marcello ce l’avrebbe fatta a superare la nottata, ci ho pensato continuamente dopo averlo aiutato con il defibrillatore. E invece ora siamo qui insieme". Non solo ieri: anche lunedì mattina era lì, a fianco del suo letto di ospedale. Sempre insieme ai genitori, testimoni garbati della vicenda.
"Mi ha restituito alla mia famiglia, ai miei figli". Ne ha tre, due ragazze e quel bambino di dieci anni per mano al momento in cui si è spento tutto.
"L’ultima immagine che ho è che dovevo prendere mio figlio e portarlo via. Ero ancora sul sagrato, avevo parlato con gli animatori, non ero al muretto di recinzione. Poi, non lo so". Il resto lo racconta di nuovo Alessandro: sono quei minuti concitati ma ordinatissimi con il defibrillatore, la tripla scossa ad ogni interruzione del battito cardiaco, il massaggio alternato con un altro signore. L’arrivo dell’ambulanza. "Lì stava meglio e la cosa mi faceva sperare".
Una speranza che Anna Sabini trasforma in complimenti. "Il ragazzo si è dimostrato bravo e tempestivo. Abbiamo controllato le registrazioni dello strumento, l’intervento si è svolto nel giro di pochi minuti, è fondamentale per far ripartire il battito cardiaco. Ha dato prova di grande sangue freddo".
Lo stesso sangue freddo che dimostra nel corridoio dell’ospedale, a fianco del suo "paziente". "Mi piacerebbe molto che anche le mie figlie imparassero gli elementi del primo soccorso: ora so quanto sia importante".
L’alternativa sarebbe portarsi Alessandro dappertutto ma non può farlo, i suoi genitori giustamente lo reclamano.
Marcello ha 48 anni, non i 52 che finora erano stati indicati, e lavora in un’azienda di produzione asfalto, la Valli Zabban. Ma Ale lo conosceva? "Di vista, era un animatore della parrocchia".
Poi l’incontro vero. "Quando l’ho conosciuto ci siamo messi a piangere tutti e due". Le figlie hanno scritto ad Alessandro per ringraziarlo, unendosi a quelli del padre. "Quando l’ambulanza è partita mi è venuta a fior di pelle tutta l’ansia che non avevo avuto prima", confessa. Perché anche gli eroi si emozionano