C’è anche una Madonna con Bambino in trono di Spinello Aretino tra gli otto quadri di cui la magistratura di Bologna ha disposto la confisca perché illecitamente esportati in Serbia e attualmente in possesso del Museo nazionale di Belgrado: sono frutto delle razzie naziste e per questo vanno riconsegnati all’Italia. Ora un’inchiesta rivela che i quadri che dovrebbero essere riconsegnati all’Italia, perché illecitamente esportati e poi trafugati dal Centro di raccolta di Monaco di Baviera, dove gli alleati avevano stipato tutte le opere d’arte razziate dai nazisti, non sono solo otto, ma più del doppio, tra cui un’opera di Spinello. La truffa - come racconta il libro "Bottino di guerra" (Mursia), dei giornalisti Tommaso Romanin e Vincenzo Sinapi - viene preparata per mesi e si consuma nel 1949, quando 50 quadri, otto icone e un totale di 166 oggetti antichi e preziosi lasciano per sempre il Collecting point di Monaco di Baviera. Il faccendiere croato Ante Topic Mimara mette a segno il colpo con la complicità di una funzionaria del Centro, Wiltrud Mersmann, che poco dopo sarebbe diventata sua moglie. I beni raggiungono in treno la Jugoslavia e vengono incamerati dal museo. Solo che quegli oggetti non appartengono alla Jugoslavia. I Monuments men americani se ne accorgono quasi subito e li chiedono indietro, invano.
Nel frattempo i quadri restano stoccati nei depositi del museo e, in anni recenti, restaurati e catalogati anche con l’aiuto, ironia della sorte, del Governo italiano e di alcune sovrintendenze. Una collaborazione tra Italia e Serbia che si è tradotta anche in una serie di mostre su entrambe le sponde dell’Adriatico. Proprio da una di queste prende le mosse l’inchiesta della Procura di Bologna. Si apre il vaso di Pandora del Museo di Belgrado, dove i carabinieri scoprono "otto prigionieri di guerra", capolavori di artisti attivi tra il ‘300 e l’800, da Paolo Veneziano a Vittore Carpaccio, da Tiziano a Tintoretto - facevano parte dei 166 oggetti portati via col raggiro dal Collecting point di Monaco. Una scoperta clamorosa, da cui ha preso le mosse l’inchiesta del pm Roberto Ceroni (ora conclusa con sentenza in giudicato del giudice Gianluca Petragnani Gelosi) che ha portato, tra l’altro, a chiedere il sequestro delle opere d’arte. Però, nonostante due rogatorie e una confisca disposta nel 2018, le autorità serbe hanno risposto picche: i quadri si trovano sempre a Belgrado. Compresa l’opera di Spinello Aretino.