Chi li ha visti quei 391 operai? Eppure fino all’anno scorso c’erano ancora, tutti impegnati sui telai, macchinari, sulle finiture delle aziende di abbigliamento o tessili. Ora sono spariti. È il dato forse più allarmante che si alza dal termometro della moda. Che ha la febbre alta. Intorno al capezzale nessuno ne dubita. Non gli imprenditori, che fanno il conto alla rovescia per uscire da un tunnel che credevano meno lungo. Non i sindacati e le associazioni di categoria, che lanciano l’allarme un giorno sì e l’altro pure. Non le istituzioni, che moltiplicano i tavoli di emergenza e l’annuncio di misure straordinarie. Ma intanto la seconda gamba dell’economia aretina trema: e se il tavolo non cede è grazie alla prima, quell’oro che va sempre meglio, contro tutto e tutti. I dati li trovate in fila nel grafico centrale. Il termometro misura i primi nove mesi del 2024 a fronte dei "gemelli" del 2023. Le aziende attive stavolta erano 876 contro le 909 dell’anno prima. Non è un’emorragia, segno che la resistenza è uno degli sport preferiti oltre gli arcolai, però è anche una soglia psicologica che si abbassa, dopo aver perso la quota mille che in passato aveva raggiunto. Il calo è più drastico nella pelle e nelle calzature ma in sostanza è ben spalmato su tutte le ali del settore. Ma quello che colpisce e fa più male, agli analisti e soprattutto a tante famiglie, è il crollo di dipendenti: quei famosi 391 posti perduti, una caduta a picco del 6,5%. E in questo caso è un taglio che neanche con l’ottimismo della prima repubblica saremmo mai riusciti a mascherare da tenuta. C’è un aumento marcato della cassa integrazione, 47 aziende si sono lanciate sulla ciambella, ma in realtà la stragrande maggioranza dei fondi disponibili sono rimasti lì. "Abbiamo portato le nostre richieste a Roma insieme a Uil e Cisl" conferma Elisa Calori dalla Cgil. "Richieste di riforma degli ammortizzatori sociali ormai non più adeguati e quasi ultimati, di uno sviluppo di politiche industriali che valorizzino i nostri settori produttivi e monitorino l’andamento del settore stesso". Elisa dà voce alla paura del comparto. "Questa provincia è il baluardo del made in Italy e non sarà un caso se lo stesso grido arriva anche dalle associazioni di categoria dell’artigianato e dell’industria". Non le manda a dire al Governo, è chiaro, ma qui c’è un’emergenza che scavalca qualunque posizione sulla tavola. "Il decreto con le 9 settimane di cassa straordinaria, scaduto il 31 gennaio e non rinnovato, non è stato risolutivo per nessuno, un intervento spot senza visione di prospettiva". Chiedono uno strumento più efficace, di facile accesso da parte delle imprese. "Altrimenti nei prossimi mesi assisteremo ad un riacutizzarsi di una situazione già molto critica". E la nottata sarà ancora più lunga.
CronacaI dispersi dell’abbigliamento. In un anno 400 operai in meno. I sindacati: "È rischio tracollo"