
Arezzo, 23 aprile 2025 – Un’intensa serata di preghiera e riflessione ha unito la comunità della Diocesi di Fiesole, riunitasi ieri alle 21 presso la Basilica di Santa Maria delle Grazie, santuario mariano diocesano di San Giovanni Valdarno. L’occasione: commemorare Papa Francesco, scomparso lunedì mattina all’età di 88 anni. L’invito del vescovo Stefano Manetti è stato accolto da numerosi fedeli e autorità civili, tra cui diversi sindaci del Valdarno, che hanno preso parte alla celebrazione eucaristica in suffragio del Pontefice. Durante l’omelia, il vescovo Manetti ha tracciato un profondo profilo spirituale del pontificato di Francesco, richiamando le parole che il cardinale Jorge Mario Bergoglio pronunciò prima del conclave del 2013: «Gesù bussa oggi dalla parte interna della Chiesa e vuole uscire. La Chiesa autoreferenziale pretende di tenere Gesù dentro e non lascia che esca a incontrare l’umanità del nostro tempo». Un’esortazione che, secondo il vescovo, si è trasformata in programma pastorale: «Il pontificato di Papa Francesco è stato una risposta viva e concreta a questa chiamata del Signore: aprire le porte, uscire, mettersi in cammino con il popolo». Particolarmente significativa è stata anche la citazione della Evangelii Gaudium, l’esortazione apostolica considerata il manifesto del pontificato bergogliano. «Una Chiesa che si fa prossima, che accompagna, che sa leggere le notti dell’uomo come Gesù fece con i discepoli di Emmaus», ha spiegato Manetti, evidenziando l’umanità e la vicinanza come tratti distintivi del successore di Pietro. Un altro elemento forte ricordato durante la serata è stata la semplicità di Papa Francesco, espressa anche nei piccoli gesti quotidiani. «Quando si affacciò alla loggia di San Pietro senza mozzetta, o quando tornò a Santa Marta in navetta con gli altri cardinali, fu evidente che qualcosa stava cambiando. Disse semplicemente: “Dobbiamo abituarci a essere normali”». Una normalità che, ha aggiunto Manetti, «ha dato fastidio a molti, perché è sembrata una desacralizzazione. Ma non era così. Francesco voleva che fosse il Popolo di Dio a risplendere, non la figura del Papa». Il Vescovo ha quindi rimarcato la fiducia incrollabile che Francesco nutriva nel Vangelo, citando alcuni passaggi chiave della Evangelii Gaudium: «Gesù Cristo può anche rompere gli schemi noiosi nei quali pretendiamo di imprigionarlo» e «in qualunque forma di evangelizzazione il primato è sempre di Dio». Un’eredità spirituale che, secondo Manetti, ha avuto la forza di ridare “nuova gioia nella fede e fecondità evangelizzatrice” anche a quei cristiani definiti “tiepidi o non praticanti”. Commovente il parallelo che il Vescovo ha tracciato tra le sofferenze vissute da Papa Francesco e quelle dei suoi predecessori: «Giovanni Paolo II, grande comunicatore, fu ridotto al silenzio; Benedetto XVI, che esaltava la ragione e la verità, fu ferito dallo scandalo dell’irrazionale; Francesco, il Papa della fraternità, ha visto esplodere le guerre e asciugarsi i polmoni gridando pace». La celebrazione si è conclusa con un messaggio di speranza, richiamando la Fratelli tutti e la visione sinodale della Chiesa: «Papa Francesco sostiene ancora oggi il nostro pellegrinaggio di speranza – ha affermato Manetti –. Come ci ricorda la Lumen Gentium, la Chiesa continua il suo pellegrinaggio terreno fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio, annunziando la passione e la morte del Signore finché Egli venga».