"Per la prima volta vivo con una consapevolezza diversa questo giorno. Lo scorso anno ho raggiunto un sogno che avevo, quello di fare la Dakar insieme a lui. Non l’ho fatto fisicamente con lui ma sicuramente con me c’era, era in moto con me e abbiamo finito la Dakar insieme, Questo 11 gennaio è un pochino meno amaro del solito, perché nella tragicità di questa giornata, comunque, qualcosa di buono c’è stato, va preso qualsiasi cosa". La voce si rompe più volte mentre parla di babbo Fabrizio. Gioele Meoni sorride, stringe mani, abbraccia amici durante il primo ritrovo della lunga giornata dedicata a suo padre di fronte alla statua che campeggia lungo la Sr71. Poi, inevitabilmente, l’emozione prende il sopravvento. "Qualsiasi momento che ho passato con lui per me è stato bello", racconta. "Per il suo compleanno non c’era quasi mai, perché era già partito per la Dakar. Intorno al 20 gennaio tornava finalmente da noi. Se aveva portato a casa una sconfitta, per qualche giorno era un pochino intrattabile, ma quando tornava da vincitore erano i giorni più belli. Si festeggiava tutti insieme".
Oggi a 20 anni da quella tragica morte in Mauritania durante quella che doveva essere la sua ultima Dakar, l’affetto della sua Castiglion Fiorentino e di tutti quelli che l’hanno conosciuto rende meno amaro per la famiglia Meoni questo anniversario. "Poter godere dell’opportunità di vedere quante persone ci sono qua, avere avuto la possibilità l’anno scorso di vivere la Dakar e vedere quanti tifosi tifavano lui e per questo hanno supportato me. C’è consapevolezza di sapere che ha lasciato un segno forte, oltre che nella famiglia, era un grande babbo, anche nella comunità". Gioele diventerà per altro padre di un bimbo fra pochi giorni. A chi gli chiede se si chiamerà Fabrizio sorride e rimanda alla nascita la risposta. Oggi la Castiglion Fiorentino a cui Meoni era legatissimo gli ha tributato una lunga e intensa giornata, con un pellegrinaggio partito dalla Sr71 fino al cippo che si trova tra il Poggio Cerota e Poggio Fonte Partini dove è stata stesa una gigantografia in suo onore.
Poi la proiezione al teatro Mario Spina del docu-film "Il nome del Padre". Il sindaco Mario Agnelli ha voluto portare in dono una rosa blu e una rosa rossa alla statua di Fabrizio. Una è per l’amico e campione, una è per Chiara, la figlia minore di Fabrizio stroncata da un male incurabile a soli 18 anni. "Trovatemi un uomo che dopo vent’anni dalla sua scomparsa fa salire così alto il rombo dei motori e vibrare così forte il cuore delle persone che lo hanno conosciuto, ma anche di quelli che non lo hanno conosciuto", sottolinea Agnelli. "Per questo ho sempre definito Fabrizio Meoni più vivo dei viventi un grande sportivo, un grande uomo, io penso entrambe le cose".