SIMONE
Cronaca

Il castello di Poppi: incompiuto a Campaldino Quasi completato durante l’esilio di Dante

In principio c’era solo una torre, che poi venne progressivamente circondata dalla cerchia delle mura. Alighieri vi scrisse la Decima Epistola sulla discesa in Italia dell’imperatore Arrigo VII, che cita Gherardesca, figlia del conte Ugolino e moglie di un Guidi

Simone

De Fraja

Verso la fine dell’Ottocento l’antica torre quadrangolare del palazzo di Guidi di Poppi venne fortemente danneggiata da un fulmine perdendo così buona parte dell’originaria altezza che toccava i sessanta metri. Successivamente venne ricostruita mediante una sopraelevazione per la torre campanaia; ma già dal 1786, per volere del Granduca Pietro Leopoldo di Lorena, venne installato sulla sommità della torre, nella sua originaria altezza, un conduttore elettrico, uno dei primi parafulmini, in via sperimentale per verificare quale delle teorie sulla forma del parafulmine fosse corretta, se quella di Franklin o quella di Wilson.

La torre doveva essere infatti la cellula primaria del complesso fortificato, divenuto poi palaziale, realizzato in più tempi con il contributo di diverse maestranze. Dalla primitiva torre venne sviluppato un circuito murario difensivo dal quale si originò, poi, la costruzione del blocco rivolto a sud mentre, il blocco opposto venne iniziato pochi anni più tardi; le opere di ristrutturazione sono da attribuire agli intenti di Simone Guidi e proseguite poi dal figlio Guido successivamente agli Anni Settanta del Duecento.

Dunque, quando Dante dovette partecipare allo scontro di Campaldino la fortificazione di Poppi era ancora incompiuta: una torre, un modesto muro di cinta ed un volume abitativo fortificato rivolto a sud, forse appena completato od in corso d’opera. Quasi venti anni dopo, nel 1310 o 1311, ormai in esiliato da tempo, Dante si trovò ospite dei Guidi mentre la fortificazione stava assumendo fattezze molto più simili alle odierne essendo in corso, od appena terminata, la costruzione del blocco rivolto a nord con la conseguente definizione di un ampio spazio delimitato dai due corpi di fabbricati. Il complesso, pur conservando la primaria funzione residenziale, era dotato degli accorgimenti difensivi dell’epoca ed i corpi collaterali alla torre godevano di un minor numero di aperture; l’accesso principale, tuttavia, si apriva verso la sottostante valle dell’Arno, all’opposto lato dell’odierna porta considerata secondaria. Tre epistole, attribuite a Dante, pare fossero redatte, in quegli anni, proprio tra queste mura, benchè una sola di esse assicuri il fatto. Non c’è sicurezza sulla riferibilità a Dante ma il fatto che fossero state comprese in un codice contenente sicure epistole di Dante, le convergenze con altri luoghi danteschi, gli elogi espressi nei riguardi dell’Impero, fa propendere per una verosimile attribuzione a Dante stesso.

Sul piano storico le lettere, sicuramente la terza (conosciuta come decima epistola), paiono confermare la presenza di Dante nel castello di Poppi, nella terra dei Conti Guidi, al confine del territorio fiorentino in un frangente storico in cui l’impresa dell’Imperatore Arrigo VII (Enrico VII) avrebbe potuto veramente decidere i destini di una parte dell’Italia divisa e scossa dalla bramosia di potere di molti in opposizione alla causa dei fuorusciti ghibellini.

Le lettere contengono elogi e felicitazioni da parte di Gherardesca di Donoratico, figlia del Conte Ugolino della Gherardesca e moglie di Guido Simone di Battifolle, dei Guidi, destinati all’imperatrice Margherita di Brabante, moglie di Enrico VII, proprio per le imprese del marito spronandolo, al contempo, ad estirpare il “male” di Toscana: i Guelfi. E dunque, proprio la decima epistola, è quella datata 1311, che fu “inviata dal castello di Poppi il 17 giugno nell’anno primo della faustissima venuta di Enrico Cesare in Italia”.