
Marco Ungarelli, 88 anni, è stato il più giovane ingegnere italiano ad aver avviato una centrale nucleare a Latina, poi abbandonata. All’epoca, inizio degli anni Sessanta,. era la più potente in Europa continentale.. In seguito. ha guidato la Unoaerre e la Fiera Antiquaria
Dalla Unoaerre alla Fiera Antiquaria. Il professor Marco Ungarelli, 88 anni, ingegnere esperto di nucleare, ha dato dei contributi importanti ad Arezzo. "Non è che lo dico per vantarmi, è un dato di fatto. Io sono stato il più giovane ingegnere italiano ad aver avviato una centrale nucleare. Quella di Latina. All’epoca era la più potente in Europa continentale". È un ricordo che tiene stretto, ma che racconta con naturalezza. "Lo sanno pochissime persone. È il mio piccolo record". La sua avventura nel nucleare comincia così: "Mi ero appena laureato. All’epoca non esisteva una facoltà di ingegneria nucleare. Ma avevo avuto come professore Edoardo Amaldi, uno dei ragazzi di via Panisperna. Fu lui ad attaccarmi questa passione". Poi, quasi senza preavviso, arriva la chiamata dell’Agip Nucleare, creatura visionaria di Enrico Mattei. "Mi dissero che volevano mandarmi in Inghilterra per un corso di specializzazione in un gruppo di centrali. Non ci pensai un attimo. Era come toccare il cielo con un dito". In Inghilterra scopre la sinergia tra scuola e industria: lezioni la mattina, pratica nei reattori il pomeriggio. Poi il ritorno a Latina, la costruzione, il collaudo, l’avviamento. "Era il 1963. E io ero lì".
Ungarelli non ha dubbi: "L’energia nucleare è del presente, e anche del futuro". I dati sono chiari, dice: "Oggi ci sono circa 450 centrali nucleari operative nel mondo. Altre 50 in costruzione. E in Inghilterra ne stanno progettando quattro o cinque del tipo SMR, small modular reactor. È il futuro". E non risparmia critiche alla narrativa dominante: "I referendum contro il nucleare? Basati su fandonie. A Fukushima non c’è stata un’esplosione nucleare. C’è stato un errore di progettazione, aggravato da uno tsunami scatenato da un terremoto mostruoso, scala 9 della Richter". Ungarelli entra nei dettagli tecnici con la passione del didatta e l’orgoglio dell’uomo di mestiere. "Le pompe erano state installate alla base del reattore. Quando l’acqua dello tsunami ha invaso tutto, si sono fermate. Il calore ha causato la produzione di idrogeno. E quello ha fatto esplodere il tetto. Ma non è stata un’esplosione nucleare. Oggi quegli errori non si ripeterebbero". Il futuro? "La fissione è quella che conosciamo: si spezza un atomo di uranio, si libera energia. Ma l’uranio è limitato. La vera rivoluzione sarà la fusione. Si uniscono due isotopi dell’idrogeno. Il risultato è un atomo di elio, e un’enorme quantità di energia. Senza scorie. Senza rischi di fusione del nocciolo".
Ma il professor Ungarelli è consapevole: "Ci vorranno 20-30 anni. Per ora dobbiamo puntare sulla fissione. Altrimenti il fabbisogno energetico crescente – anche a causa dell’intelligenza artificiale – rischia di schiacciare il sistema. E non possiamo tornare al carbone. Dio ce ne scampi!". Oltre la scienza, c’è la vita. E quella di Ungarelli è stata intensa. "Ho diretto aziende in Italia e all’estero. Sono stato chiamato perfino in Israele ad avviare degli stabilimenti vicino a Be’er Sheva. Sapendo che ero cattolico. Ma contavano le competenze, non la religione". Ad Arezzo è stato amministratore delegato dell’Unoaerre "quando era la più grande del mondo". Poi presidente della Fiera Antiquaria. "Mi chiamò il sindaco Lucherini. Serviva un manager, non un antiquario. Credo di aver dato una scossa, in un momento difficile".
E infine, la scrittura. "Ho pubblicato tre libri. Uno con Rizzoli. L’ho presentato da Maurizio Costanzo. Nell’ultimo ho parlato di meccanica quantistica e fede. Ho voluto dimostrare che la scienza può aiutare a comprendere che deve esistere un essere supremo. E l’ho fatto con la fisica quantistica".