GLORIA PERUZZI
Cronaca

Il dramma della guerra Orlandi: "Racconto le storie dei migranti"

Il giornalista e il suo volume "La rivoluzione della cura" che racconta l’arrivo a Trieste della rotta balcanica.

Il libro sarà presentato martedì 18 marzo alle 21 alla Fondazione Baracchi di Bibbiena con l’autore e Alessandra Calosi

Il libro sarà presentato martedì 18 marzo alle 21 alla Fondazione Baracchi di Bibbiena con l’autore e Alessandra Calosi

di Gloria PeruzziBIBBIENA"Umar ha fatto il game ben 37 volte". Nel suo ultimo libro "La rivoluzione della Cura" (Ed. Romena), il giornalista e scrittore Massimo Orlandi, tra i fondatori della Fraternità di Romena, racconta anche la storia di Umar, un giovane pakistano la cui famiglia ha venduto l’unica mucca che possedeva per offrirgli un futuro diverso. E soprattutto, narra di come Lorena Fornasir e Gian Andrea Franchi, insieme ai volontari dell’associazione Linea d’Ombra, si prendano cura dei migranti della rotta balcanica in quella che, a Trieste, è conosciuta come la ‘Piazza del Mondo’. Il libro sarà presentato martedì 18 marzo alle 21 alla Fondazione Baracchi di Bibbiena, con l’autore ci saranno Alessandra Calosi, volontaria Misericordia Barberino-Tavarnelle e, in collegamento, Lorena e Gian Andrea (ingresso libero con prenotazione). Orlandi, cos’è il game? "Sono gli ultimi 250 km tra Bosnia e Italia sono la parte più dura del viaggio. Attraversando le foreste di Croazia e Slovenia, i migranti affrontano fame, sete e il rischio di essere respinti e derubati dalla polizia, costringendoli a ricominciare da capo". Arrivati a Trieste cosa trovano? "Una piazza carica di energia. Può capitare che, una volta entrati in piazza, rifocillati e curati, la musica inizi a suonare. Ed ecco che quelle persone, che hanno vissuto esperienze per noi inimmaginabili, si lasciano andare al ballo". È la voglia di vita. "Quella che noi, in qualche modo, abbiamo finito per anestetizzare". Cosa ha visto in quella piazza? "Le contraddizioni del nostro tempo: da un lato permettiamo che i confini esercitino una violenza estrema su chi fugge senza alternative, dall’altro, la società civile che cerca di opporsi con gesti di umanità, tenendo viva la speranza". Da cosa è rimasto colpito? "Sicuramente dal gesto della cura dei piedi: toccare la parte più esposta, più provata e la più necessaria per chi deve proseguire il cammino". E di Lorena? "La sua postura mentre cura i piedi dei migranti: chinata, con lo sguardo nei loro occhi, comunica riconoscimento, dignità e umanità". Qual è la ‘rivoluzione della cura’? "L’Italia della società civile che si mobilita per restituire umanità ai migranti. In un tempo dominato da indifferenza e ostilità, la cura diventa un atto rivoluzionario". Il ricordo più emozionante? "Due ragazzini afghani di 12 anni, in viaggio da un anno e mezzo, che appena arrivati hanno chiamato a casa. Ho pensato a quanto ci preoccupiamo per i nostri figli quando si spostano in città, mentre quei bambini sono stati mandati via da soli, affidati al destino, perché i loro genitori non avevano altra scelta". Ci vorrebbe una ‘Piazza del Mondo’ in ogni città? "Il libro vuole proprio dimostrare che la cura può essere replicata ovunque. Prendersi carico coralmente delle fragilità del nostro tempo genera bellezza e umanità". Anche Romena può essere considerata uno snodo di cammini? "A noi piace definirla un ‘porto di terra’: un luogo di passaggio e incontro che deve restare connesso con altre realtà". Chi arriva a Romena cosa cerca? "Autenticità nelle relazioni, riconciliazione con il proprio vissuto attraverso esperienze collettive". Ci spieghi meglio? "Padre Giovanni Vannucci diceva che il romanico è l’equilibrio tra orizzontale e verticale: i rapporti umani e la ricerca di un senso più profondo. La pieve romanica di Romena incarna questa doppia dimensione". Romena e Trieste: cosa le unisce? "Sono luoghi che si rinnovano costantemente attraverso le persone e gli incontri. A noi non piace molto la parola ‘accogliere’, perché si accoglie sapendo di offrire qualcosa in cambio, ma ‘raccogliere’, perché chiunque arriva, a Romena o nella ‘Piazza del Mondo’, ci cambia, ci trasforma".