
"Il mio jazz a servizio dei più fragili" Paolo Fresu e la musica della libertà
di Gloria Peruzzi
"Creare, attraverso la musica, l’epicentro di una riflessione è un grande privilegio per un musicista". Così Paolo Fresu, gigante della musica italiana, jazzista di fama internazionale, dimostra ancora una volta la sua attenzione verso le questioni sociali e raccoglie l’invito di Andrea Laurenzi, Presidente di Arezzo Autismo di partecipare al concerto in programma oggi al teatro Petrarca, alle 17, organizzato dall’associazione, in occasione della Giornata Mondiale per la consapevolezza sull’autismo.
Nella provincia di Arezzo sono circa ottomila le famiglie che convivono con un familiare affetto da autismo e con tutte le difficoltà di una società che emargina più che includere, perchè viaggia a velocità diverse da quelle della disabilità. Accrescere la consapevolezza e la sensibilità è l’obiettivo che Arezzo Autismo si pone da otto anni con varie iniziative e con l’aiuto di grandi artisti che si mettono in gioco per prestare la loro arte a questa causa. Paolo Fresu, che conosce bene la nostra città e la frequenta spesso, torna ad Arezzo insieme all’ eclettico musicista marchigiano Daniele Di Bonaventura, bandoneonista: "Tromba e bandoneon - dice - ho pensato fosse la formazione più giusta per questa occasione particolare. Un concerto che spazierà da De Andrè a Puccini arrivando anche in Sudamerica".
Fresu, il jazz da sempre musica dell’integrazione, può raccontare il presente delle diversità?
"E’ stata una musica permeata dal presente di tutte le epoche. Non ci sarebbe stato il jazz se non ci fossero state le migrazioni dei primi del ‘900. E’ una musica spugnosa in grado di adattarsi ai luoghi, alle situazioni umane e sociali".
Lei perchè ha scelto il jazz?
"Perchè era la musica della libertà. Avevo intuito che dietro il jazz ci fosse anche la costruzione sociale del mondo. La mia è una famiglia di pastori, non avevamo molte possibilità, ma alla radio sentì un trombettista jazz e rimasi sconvolto dalla bellezza di quel suono. Poi ho letto storie dei musicisti, quella era la musica delle lotte e spesso dei perdenti. Volevo suonarla, perchè capì che mi avrebbe dato l’opportunità di raccontare me stesso".
Ha scritto che senza Miles Davis sarebbe stato un musicista diverso, perchè?
"Miles ha basato la sua vita su alcuni capisaldi, innanzitutto andare sempre avanti, la curiosità e il bisogno della scoperta continua. Tutte queste cose mi hanno insegnato ad aprire sempre porte nuove. Ogni mattina, mi alzo e sono contento perchè so che posso rimettere tutto in discussione e reinventare qualcosa di nuovo. E’ stimolante".
Quando la musica incontra la disabilità cosa nasce?
"La musica è sempre capace di condurci verso un’indagine interiore ed è una cosa molto preziosa. Mi piace pensare a un’emozione collettiva che si trasforma in cura dell’anima, dello spirito e della mente molto potente".
Suonare con i ragazzi di Autismo Arezzo, le piacerebbe?
"Mi sarebbe piaciuto già in questa occasione, ma non c’erano i tempi. Può essere che in futuro riusciamo a iniziare un cammino insieme".