SIMONE
Cronaca

Il mistero di Porta Buia. Salda ed elegante si apriva sulla strada che portava alla Chiana

Si apriva sulle mura del ’300 ma poi fu inglobata dalle nuove fortificazioni due secoli dopo. Il suo stretto legame con il corso del torrente Castro.

Si apriva sulle mura del ’300 ma poi fu inglobata dalle nuove fortificazioni due secoli dopo. Il suo stretto legame con il corso del torrente Castro.

Si apriva sulle mura del ’300 ma poi fu inglobata dalle nuove fortificazioni due secoli dopo. Il suo stretto legame con il corso del torrente Castro.

De Fraja

Dove si trovava la medievale Porta Buia che si apriva sulla cinta muraria trecentesca della città? La porta medioevale, secondo gli Annali, venne realizzata nel 1321 “super flumen valde pulchre in muris novis” (“sopra il fiume salda e elegante”) e dunque in stretta connessione con il corso del Castro proveniente da est (a monte e quasi parallelo alla recente via Petrarca la cui viabilità fu aperta nella prima metà del Novecento).

Nella riorganizzazione medicea delle strutture difensive, a Cinquecento inoltrato, quando prende piede il “fronte bastionato”, Iacopo di Macario di Gregorio Catani, ricorda che il baluardo in costruzione ove si trovava la trecentesca Porta Buia, divenuta poco sicura sotto il profilo delle innovazioni militari, era noto anche come "pontone". La definizione di "pontone" appare nelle fonti nel secolo XVI quando avrebbe potuto alludere allo stesso baluardo cinquecentesco in costruzione ("puntone"), una struttura acuminata, particolarmente esposta rispetto alla linea delle mura.

Ancora il Catani ci informa che, dagli ultimi giorni di maggio 1538, si era iniziato a "cavare i fondamenti del pontone o baluardo fora di porta Buia" per ordine dei Sei magistrati sopra la fortificazione. Il giorno prima del compleanno di Cosimo I, l’11 giugno 1538, venne posata in suo onore la prima pietra del costruendo “Propugnaculum ducale”, il bastione di Porta Buia.

I lavori, anche dopo la cerimonia della fondazione, procedevano con lentezza in quanto "innanzi si finissino di riempieri i fondamenti venne una lettera da Fiorenza che non si lavorassi più"; pochi giorni dopo giunse la precisazione che "si dovessi finire di riempire (gli scassi per le fondazioni) e non si facessi altro".

Questa precisazione lascia intendere che le opere di sterro iniziarono all’esterno della cinta dell’epoca, quella realizzata sotto la Signoria di Guido Tarlati, e senza coinvolgere la struttura medievale che, come in altri casi, poteva essere parzialmente risparmiata, o comunque riutilizzata, ed essere inglobata nel terrapieno del baluardo.

Su consiglio del medico aretino Bernardino Riccomanni "si cominciò a fondare per ponto d’astrologia" e, pertanto seguendo il rito di fondazione, venne posto nello scavo "uno vasello di terra invetriato, entrovi uno scudo d’oro di la battuta di sua eccellentia et uno mezzo scudo aretino, battuto nel 1530, et uno breve": una piccola pergamena con alcune note o formule propiziatorie. Una planimetria del 1793, riproduce le mura cinquecentesche rivolte a ovest, così come si trovavano nel 1791, con l’indicazione dei proprietari dei lotti terrieri confinanti. Inaspettatamente, la planimetria rivela esattamente anche i resti della struttura medievale: essa appare in asse, con via Porta Buia e compresa entro l’area bastionata, come precisano le fonti: l’antica porta che doveva trovarsi adiacente alla futura Fonderia Bastanzetti (oggi Casa dell’Energia) dovette essere parzialmente sfruttata proprio per il consolidamento del vertice del nuovo bastione.

Dunque, secondo la planimetria, una struttura si staccava dal filo delle mura medioevali protendendo verso l’esterno: la Porta Buia appare realizzata grazie a una significativa prominenza dalle mura e attraversata, diagonalmente, dal corso sotterraneo del Castro. Una soluzione non nuova nella cerchia muraria trecentesca. Si pensi a Porta Stufi (mura nord) in cui una ampia struttura a torre si protende dalle mura verso l’esterno conferendo robustezza alle mura e permettendo il passaggio.

Si pensi anche alla soluzione, oggi scomparsa, che poteva essere stata adottata per l’ingresso in città della via Pietramala, nel tratto nord delle mura, dove le stesse formano un accentuato saliente per accogliere, verosimilmente, una struttura portaia. La Porta Buia, secondo la planimetria del 1793, sfruttava il medesimo concetto del saliente, costituendo una sorta di torre portaia, probabilmente con il lato interno aperto: sotto terra il complesso veniva attraversato diagonalmente dal torrente Castro come mostra la carta settecentesca.

La planimetria evidenzia anche la presenza di una scanalatura nello spessore del muro della porta. Questa era funzionale allo scorrimento verticale di un cancello o grata che si aggiungeva alle grandi ante della porta. A interrompere la tratta muraria orientale, a monte e a valle della Porta Buia, insistevano la Torre dell’Alboreto attraverso la quale usciva la reglia dei mulini cittadini e nota per gli eventi del 1384, nonché la Torre del Poggio, entrambe ancora esistenti. La porta medievale, dunque, così come rappresentata, appare in perfetta asse con Via di Porta Buia, denominazione presente già nel catasto Leopoldino e persistita oltre la scomparsa della porta entro il bastione cinquecentesco, sino ai giorni nostri.

Un manoscritto di datazione incerta ma contenente materiale riferibile all’attività cronachistica della famiglia Catani mostra il permanere della coscienza che si ebbe del mutar dei tempi allorché si procedette a "serrarsi la Porta Buia, che secondo la tradizione de’ vecchi era la più bella porta della città di Arezzo e dava l’uscita in una bella e larga strada che conduceva sino alla Chiana sempre diritto": un angolo di una Arezzo in trasformazione a seguito delle nuove fortificazioni della metà del Cinquecento, con la consapevolezza del fatto che l’antico, nel riferimento alla porta trecentesca e alla relativa notizia sulla tamponatura, diveniva secondario rispetto al contesto, quasi nostalgico, dell’assetto precedente.