"Ho scelto la vita e sono diventata libera". La scelta di Liliana Segre quel giorno di ottanta anni fa, di fronte al suo aguzzino in fuga dal lager, è scolpita sulla pietra di Rondine. Il soldato nazista gettò a terra divisa e pistola ma lei decise di non raccoglierla per farsi giustizia da sola.
Le sue parole sono incise sulla pietra che segna l’ingresso all’Arena di Janine, l’amica ebrea della fabbrica di munizioni destinata alla camera a gas perché nella trinciatrice aveva perso due dita. Liliana Segre aveva solo tredici anni ma l’orrore di quel distacco "senza avere il coraggio di dirle ciao, una sola parola", se l’è portato dentro per tutta la vita. E ora, ai giovani di Rondine, nel giorno della marcia dei quattromila, lei parla. Lo fa in un videomessaggio e ha parole dritte per ogni ragazzo seduto sul prato del borgo alle porte di Arezzo. È qui che il lungo serpentone colorato si scioglie e il prato prende i colori dei giovani arrivati da tutta la Toscana. Si siedono e ascoltano Liliana ma qui, la distanza e il tempo non contano. Uno accanto all’altro. E lei racconta il dolore di Auschwitz che incrocia il dolore di ognuno, quello delle prove della vita. Ricorda Janine e dice che "solo a Rondine dove oggi mio figlio Alberto porta avanti la mia testimonianza, ci può essere un luogo così, perché è in quell’arena che l’odio non ha più ragione di essere e trionfa l’amicizia".
Ed è a Rondine che la senatrice a vita ha consegnato la sua eredità morale. La cronaca e la ferita di quegli anni rivive nell’Arena di Janine, inaugurata dal presidente di Rondine Franco Vaccari e da Alberto Belli Paci. Tra gli applausi per gli alpini, che hanno messo a disposizione diecimila ore del loro lavoro per quell’area verde che accoglie i marciatori. Vaccari apre la tre giorni di YouTopic Fest (media partner Qn-La Nazione) e trasforma la Cittadella in agorà internazionale.
Quattro ragazzi, una bosniaca, una russa, una ucraina e un palestinese, raccontano come qui imparano a "trasformare odio e dolore in dialogo, ascolto e comprensione dell’altro, non più un nemico ma una persona". E raccontano la loro trasformazione dal giorno dell’arrivo ai mesi di convivenza, negli alti e bassi di ferite da sanare, ostacoli da superare. Tutti centrifugati nella lavatrice dove si lavano i panni, primo passo del metodo Rondine. Ora sono pronti a tornare nei loro Paesi per aprire nuovi percorsi di pace trasferendo l’esperienza di Rondine. Che "vuole essere la casa di tutti coloro che hanno fatto un passo decisivo verso la cultura della pace. I giovani di Rondine tutti i giorni spengono l’odio e rigenerano amicizie impossibili. Coppie di giovani coraggiosi, giovani che si impegnano come Liliana a non prendere la pistola, a non rilanciare l’odio, ma promuovere ostinatamente dialogo".
La mano tesa del governatore toscano Eugenio Giani apre strade nuove per Rondine: "È un’esperienza unica al mondo, per questo la Regione ha varato una delibera che la nomina agenzia formativa sull’educazione alla pace". E il sostegno del sindaco di Firenze Dario Nardella che davanti all’Arena di Janine rinnova il "patto per la pace". Come Renata Polverini che porta il saluto del ministro Tajani e marcia coi ragazzi insieme al sindaco di Arezzo Alessandro Ghinelli e il vescovo Andrea Migliavacca.
I ragazzi urlano slogan e innalzano cartelli colorati. "Pace", è la parola del giorno, quella che atterra sulla pietra di Rondine dove le parole di Liliana sono il futuro da costruire.