ATTILIO
Cronaca

Il Petrarca dimenticato nell’anno del Vasari. L’amore per Laura ispirò i viaggiatori d’Europa

A seicentocinquanta anni dalla morte del poeta, avvenuta nel 1374, non si rintracciano finora celebrazioni nella sua città natale

Il Petrarca dimenticato nell’anno del Vasari. L’amore per Laura ispirò i viaggiatori d’Europa

Il Petrarca dimenticato nell’anno del Vasari. L’amore per Laura ispirò i viaggiatori d’Europa

Brilli

Nato ad Arezzo il 20 luglio 1304, Francesco Petrarca non può non sollecitare la memoria degli aretini allo scoccare dei seicentocinquanta anni dalla sua morte, avvenuta ad Arquà, il 19 luglio del 1374. Come è noto, Petrarca è stato un grande poeta che, a più riprese, ha influenzato intere scuole nell’Inghilterra elisabettiana, nella Francia di Ronsard e in altri paesi del continente.

Accanto al poeta, emerge la non meno importante la figura dell’umanista il quale, grazie alle doti diplomatiche, alla solida cultura classica e allo spiccato senso cosmopolita, collabora attivamente con varie corti europee. Nei secoli si sono succeduti, senza soluzione di continuità, i riconoscimenti del mondo intero nei confronti di questo intellettuale dallo straordinario spirito moderno, mentre sui suoi scritti si sono formati uomini di cultura e politici di mezzo mondo. Passando per Arezzo, sono innumerevoli i personaggi che hanno reso omaggio al Petrarca, sia visitando l’interno della sua casa, sia sostando fra la facciata di questa e l’antistante pozzo di Tofano.

Si tratta di un luogo che viaggiatori e viaggiatrici colte, come l’irlandese Lady Sydney Morgan, considerano addirittura sacro per le memorie che custodisce. Infatti vicino al pozzo, Boccaccio ha ambientato la scena del povero Tofano e di Monna Ghita, sua moglie, la quale, sorpresa fuori casa di notte, finse di buttarsi nel pozzo gettandovi una grossa pietra. Al romanziere americano Nathaniel Hawthorne, autore della celebre Lettera scarlatta, il pozzo di Tofano, attorno al quale dovette un tempo giocare Petrarca bambino, fa venire in mente la fontana della sua città natale, infatti nel 1858, durante la sosta aretina, scrive: "Mentre gironzolavo li presso, m’è sovvenuto della fontana pubblica della mia vecchia Salem, e mi sono chiesto se i miei concittadini l’additeranno un giorno agli stranieri e se il forestiero la contemplerà con quel barlume d’interesse che mi suscitava il pozzo del Boccaccio".

Più originali sono, per l’occasione, le parole di Sophia Amelia Hawthorne, moglie del romanziere, che svolge la professione di copista, riproducendo per il mercato americano i capolavori della pittura italiana. "La casa del Petrarca non ha nulla di antico, poiché è stata completamente restaurata", scrive Sophia, "Quando ci siamo recati a visitarla una seconda volta, sullo scalino della porta c’era una colomba così domestica da non muoversi mentre ci avvicinavamo. Pensai a Laura, la donna amata da Petrarca, il cui fantasma doveva vagare in quai paraggi. Dall’altra parte della strada c’è il pozzo che compare in un racconto del Boccaccio. Ritrassi entrambi, l’edificio e il pozzo, colomba compresa".

Altri viaggiatori, molto prima di Hawthorne, hanno reso omaggio alla memoria di Laura, consapevoli che ricordare Laura significa ricordare e rendere omaggio a Petrarca.

In diverse occasioni, le vie dei viaggiatori diventano sorprendenti vie del tempo che fanno comparire sotto i nostri occhi, come per incanto, luoghi dimenticati o andati perduti per sempre. È questo il caso della "tomba della bella Laura amata dal Petrarca" che nel 1739 il magistrato e filologo di Digione, Charles de Brosses, diretto in Italia, scova nella chiesa del convento dei francescani ad Avignone. Il viaggiatore ne parla nelle sue piacevoli Lettere familiari dall’Italia che Stendhal considerava il più affascinante e piacevole ritratto della penisola. Anche se si tratta di "una vecchia lastra posta in un angolo sudicio e buio, dimenticata da tutti", il viaggiatore francese ricorda che su di essa il poeta compose dei sonetti stupendi, colmi di dolore. E non solo, infatti su quella stessa lastra tombale il sovrano amante dell’Italia, Francesco I, volle improvvisare alcuni versi allorché si recò in visita ad Avignone. Andando a ritroso nel tempo, prima di Charles de Brosses, nel 1643, il sepolcro di Laura aveva suscitato l’attenzione di John Evelyn, una delle menti più vivaci dell’Inghilterra del tempo, anche lui diretto verso il paese del sole con il collezionista ed esperto d’antichità conte di Arundel.

Dinanzi alla tomba di Laura, Evelyn si rammarica di non essere potuto andare a Valchiusa, non lontano da Avignone, luogo ameno e pittoresco, amato intensamente da Petrarca che soleva soggiornarvi fra una missione diplomatica e l’altra. Siamo pertanto debitori nei confronti di Charles de Brosses per il ricordo della tomba di Laura, veneranda reliquia petrarchesca, che scomparve al tempo della Rivoluzione francese, insieme alla chiesa e al convento di cui restano sparute rovine. Nel 1818, un altro viaggiatore, Henry Matthews, amante dell’Italia e appassionato della poesia petrarchesca, racconta di avere raccolto la testimonianza di un vecchio personaggio del posto, il quale gli aveva riferito che erano stati effettivamente i rivoluzionari a scoperchiare la tomba di Laura.

Non contenti della profanazione, nel loro incontenibile delirio, avevano esposto al pubblico ludibrio il corpo mummificato della donna che, nella poesia occidentale, rappresenta da sempre il simbolo dell’amore e della bellezza.