LUCIA BIGOZZI
Cronaca

Il prete che sfidò i mitra dei nazisti Don Nilo e gli ebrei salvati dai lager

Il parroco fu il contatto tra partigiani e famiglie rimaste in povertà. Nel suo taccuino il racconto dell’orrore 18 agosto 1944: una mina fa saltare i palazzi, quindici morti. "Il giorno più doloroso, macerie e cadaveri".

Il prete che sfidò i mitra dei nazisti  Don Nilo e gli ebrei salvati dai lager

Il prete che sfidò i mitra dei nazisti Don Nilo e gli ebrei salvati dai lager

di Lucia Bigozzi

"Un giorno di grave lutto, il più doloroso in tutto il periodo di questa guerra". Il 18 agosto 1944 don Nilo Conti annota la cronaca dell’orrore in un taccuino, custodito nell’archivio parrocchiale. Ad Anghiari la rappresaglia nazifascista scatena l’inferno, sopratutto tra giugno e agosto. Mesi di sangue, distruzione e morte. Lui, il sacerdote con la tonaca e il sorriso, è in prima linea: sfida la paura, salva famiglie di ebrei braccati, assiste donne e bambini rimasti senza mariti e padri, spediti nei lager o in battaglia tra i partigiani. Per tutti, don Nilo è stato e resta "IL" Proposto.

Anghiari si prepara a celebrare il cinquantesimo anniversario della morte (la prossima settimana), ma nel giorno dedicato alla festa della libertà che spezza le catene dell’oppressione, la sua figura è testimonianza viva di un valore non negoziabile e al tempo stesso non scontato, da difendere ogni giorno. Nei mesi terribili dell’avanzata nazista don Nilo diventa punto di contatto tra i soldati al fronte e le famiglie alle prese con la miseria.

Non teme di rischiare la vita quando accoglie e mette in salvo ebrei rifugiati ad Anghiari e profughi slavi prigionieri nel campo di concentramento dei Renicci. Per questo, il sacerdote riceverà l’Alto Riconoscimento di Benemerenza dalla Comunità ebraica italiana. Ma è quel 18 agosto 1944 che porta nel baratro, proprio quando sembrava che la guerra fosse alle spalle. "Una potente mina posta dai tedeschi nel palazzo della signora Ida Salleolini vedova Bartolomei, in fine a via Mazzini, nei pressi del luogo chiamato Giardinetto. Per l’intero paese s’è avvertito un movimento del terreno, s’è diffusa una polvere di un colore livido opaco e uno spavento come per una scossa di terremoto. La grossa mina aveva interrotto la strada provinciale nel tratto Via Nuova, creando una profondità di circa cinque metri per un raggio di più di cinquanta.Era saltato in aria anche l’edificio che ospitava la caserma dei carabinieri e altre quattro abitazioni, mentre molte altre furono danneggiate. Ma quello che recò maggior dolore fu l’accertamento della morte delle quindici vittime e della gravità di alcuni feriti. Il Cielo permetteva tante lacrime a riparazione di odiose lotte fra i medesimi cittadini", annota don Nilo. Una tragedia che ha segnato profondamente la comunità anghiarese. Dopo il passaggio del fronte, gli alleati insediano un nuovo governo municipale e chiedono al sacerdote di farne parte: comincia la rinascita e il Proposto si lancia a capofitto nella ricostruzione, anche sociale e culturale, del paese. Si deve a lui la realizzazione del Museo con le opere donate alla comunità. l’Oratorio e l’avvio dell’istituto d’arte.

L’opera di don Nilo non si ferma e abbraccia anche le necessità di tantissime persone rimaste senza lavoro: si dà da fare e riesce a portare ad Anghiari imprenditori che impiantano attività e creano occupazione.

"È stato un prete lungimirante e in qualche modo anticipò il Concilio Vaticano II, impegnandosi affinchè il nuovo volto della Chiesa fosse condiviso da tutti i fedeli", spiega don Alessandro Bivignani tra i successori di don Nilo, oggi alla guida della Propositura. Per questo ricordarne il ruolo e l’impegno "non è una sorta di elogio al merito, bensì il tentativo di raccogliere un testimone importante".