REDAZIONE AREZZO

Il silenzio dell’assassino. Sacchi, processo lampo

Negato il rito abbreviato ma sentenza forse già alla prossima udienza. Ha ucciso la moglie, segue tutto in occhiali scuri. Il pm: niente testimoni.

Alessandro Sacchi insieme all’avvocato Piero Melani Graverini

Alessandro Sacchi insieme all’avvocato Piero Melani Graverini

È rimasto in silenzio. Chiuso nell’abito grigio, gli occhiali scuri come a ripararsi dal giudizio degli altri. Nell’aula della Corte di Assise il giudizio, quello penale, sul delitto di viale Giotto verrà. Probabilmente già al termine della prossima udienza, fissata per il 30 gennaio. Lui, Alessandro Sacchi, 80 anni, è accusato di omicidio volontario aggravato dal vincolo familiare. Il 21 giugno ha ucciso la moglie Serenella Mugnai di 73 anni, malata di Alzheimer. Un colpo di pistola alla tempia, al culmine di una discussione. La tragedia intorno a mezzanotte: lei non voleva andare a dormire, lui voleva che ripossasse. Poche parole, ma pesanti come macigni, che spezzano un menàge familiare già provato da una malattia devastante. Quella che, dopo una vita insieme, sempre uniti, aveva portato Serenella lontano da Alessandro. Ieri la prima udienza del processo: Sacchi, assistito dagli avvocato Piero Melani Graverini e Stefano Sacchi, ha deciso di essere in aula. I suoi legali hanno chiesto, come già fatto dinanzi al gip, il rito abbreviato che prevede uno sconto di pena, anche sulla scorta della perizia che ha confermato la semiinfermità mentale di Sacchi al momento del delitto. Ma il collegio dei giudici presieduto da Anna Maria Loprete, hanno respinto la richiesta.

Il pm Marco Dioni ha rinunciato all’audizione dei testi dell’accusa ritenendo sufficiente la documentazione già agli atti. Nella prossima udienza, i legali della difesa chiameranno a deporre una serie di testimoni, tra parenti e amici di Sacchi per ricostruire il profilo e il contesto in cui si muoveva assistendo giorno e notte la moglie malata. Faceva tutto da solo in casa: e soltanto qualche giorno prima della tragedia, si era convinto ad accettare l’aiuto di una collaboratrice domestica. Anche lei verrà sentita in aula. Sacchi è rimasto in silenzio per tutta l’udienza, gli occhi tristi. E quegli occhiali scuri a sottolineare il dolore che non passa. Era tornato in libertà a dicembre dopo gli arresti domiciliari alla Casa Pia. Dove Sacchi torna spesso, perchè lì ha intrecciato rapporti di conoscenza con gli ospiti. L’accusa è pesante e in linea teorica porta all’ergastolo. Ma nel suo caso, la seminfermità mentale e le attenuanti generiche potrebbero fa scendere la condanna a dieci anni. La prossima udienza potrebbe essere quella decisiva, quella della sentenza.