Ha calcato i più importanti palcoscenici del mondo, ma nessuno regge il confronto con l’emozione che proverà nel teatro di casa. La superstar della lirica Vittorio Grigolo torna dopo tanti anni ad Arezzo in un recital per la sua città. Lo farà domani alle 19 al Petrarca quando il tenore sarà protagonista di una serata su arie d’opera nell’ambito della Stagione Concertistica Aretina, cartellone di Fondazione Guido d’Arezzo e Comune diretto da Giovanni Andrea Zanon. Ad accompagnarlo in un programma tra brani di Verdi e Leoncavallo, Bellini e Donizetti, Puccini e Rossini, la pianista georgiana Mzia Bachtouridze, già collaboratrice del Bolshoi. Nato ad Arezzo e cresciuto a Roma, Grigolo è tra i più importanti tenori del firmamento contemporaneo con una carriera costellata di successi.
Vittorio Grigolo ha calcato, nel corso della sua carriera, i palchi più prestigiosi del mondo: la Scala, Royal Opera House di Londra, Staatsoper di Vienna, Gran Teatre di Barcellona, Opéra di Parigi, Berlino, che emozione sarà esibirsi ad Arezzo?
"Grandissima, è il palco di casa, si parla dell’Italia e di un teatro di tradizione il Petrarca che è una bomboniera. La città è speciale, mi ha dato i natali e la porto nel cuore. Torno dopo tantissimi anni, sono nato ad Arezzo ma non ho vissuto qui, sono tornato da adolescente ed ho un bellissimo ricordo della città, per me è un grande orgoglio".
Il concerto debutta al Petrarca e poi lo stesso spettacolo sarà a Vienna?
"Arrivo ad Arezzo dopo che il canto lirico è stato conclamato patrimonio dell’Unesco e dopo il concerto al Senato. Il concerto aretino sarà replicato a Vienna. Per il debutto ho scelto la mia città natale, mi emoziona essere qui sarà un momento particolare. Questo concerto vedrà brani di compositori come Bellini, Donizetti, Rossini, arie da camera con cui si raccontano le emozioni, un concerto molto intimo per questo speciale, particolare, dolce e sensibile, sarà un dialogo col pubblico".
Convinto della necessità di divulgare l’opera ai giovani, è stato Alfredo ne’ "La traviata" alla stazione di Zurigo e Nemorino ne’ "L’Elisir d’amore" all’aeroporto di Malpensa, si esibirà per la stagione concertistica aretina diretta da un giovanissimo, Zanon, e rivolta ai giovani.
Quanto è importante divulgare l’opera alle nuove generazioni?
"Ho sempre pensato che se Maometto non va alla montagna, la montagna deve andare da Maometto. L’opera è una tradizione italiana, un patrimonio non solo per la musica ma anche per la lingua, fondamentale tramandarla ai giovani che devono conoscere il passato per affrontare presente e futuro. E’ importante diffondere la cultura, solo dove c’è cultura ci possono essere comprensione e amore. Spero che ci siano sempre più possibilità per i giovani di accedere gratuitamente a concerti e musei".
Si è esibito sotto la direzione dei più grandi, da Lorin Maazel a Zubin Mehta, Myung-Whun Chung, Gustavo Dudamel, Riccardo Chailly, Antonio Pappano, Franco Zeffirelli lo ha voluto come Rodolfo nella sua produzione della Bohème, ma c’è qualcuno da cui avrebbe voluto essere diretto?
"Da Abbado in poi ho lavorato con tutti i più grandi, del passato avrei voluto che mi dirigesse Herbert von Karajan, tra gli italiani Arturo Toscanini".
L’ispirazione più grande da dove viene?
"Luciano Pavarotti su tutti, ma ho amato tantissime sfumature di altri tenori come il piglio di Caruso o la forza di Del Monaco, la semplicità di Di Stefano, mi porto dietro una storia ricca di emozioni vocali".
Progetti per il futuro?
"Ad aprile esce il mio disco "Verissimo" che comprende molte delle arie più popolari dell’opera italiana".