
di Alberto Pierini
"Ragazzi, sono un sessantottino: gli eccessi li conosco e non mi hanno mai fatto paura". Compresi quelli della movida. Sui quali si è affacciato da Vescovo e in buona compagnia. Lui, Riccardo Fontana: lo ha confidato ai fedeli della mezzanotte di Pasqua, quindi niente di segreto. E il giorno dopo ce ne svela i dettagli. "Sono andato con don Enrico Gilardoni e con Andrea Dalla Verde". Il primo responsabile della formazione del clero e tra i sacerdoti emergenti della Diocesi, il secondo vicedirettore della Caritas". Una vera e propria ricognizione. "Siamo andati nelle piazze del centro, da Guido Monaco a Sant’Agostino, ma anche nella zona del Pionta".
In incognito si direbbe, per quanto sia possibile ad un Vescovo ed ai suoi collaboratori passare inosservati. Motivo? "L’ho sempre detto e lo ripeto: questa è la nostra missione. Andare dove la gente c’è, non dove vorremmo che fosse. E il discorso vale doppio per i giovani". Giovani tra i quali ha fatto una parte fondamentale del suo percorso, soprattutto prima di arrivare ad Arezzo, a cominciare dall’impegno in Caritas.
"La vera sfida è capirne le esigenze a cominciare dal linguaggio, un muro davanti al quale ci fermiamo tutti". Lui no. E così nell’intervista di Pasqua aveva lanciato l’apertura ai social. E prima zitto zitto se ne era andato sule vie della movida. "Certo, l’aspetto dell’alcol e degli eccessi colpisce: per quanto da ex sessantottino sono forme che conosco. Ma non è il cuore".
E quindi qual è? "I giovani cercano aggregazione, appartenenza, non un bicchiere. Poi il problema esiste ma l’occhio deve andare sempre alla luna e mai al dito". Cita perfino la Giostra. "Basti vedere le presenze intorno ai quartieri, l’entusiasmo: è il termometro di una ricerca che c’è". Quindi il problema non esiste? "Certo che esiste: ma è quello di mettere l’educazione al centro, di far passare i messaggi giusti, di cercare il dialogo. Ed è quello che chiedo ai miei preti".
Non tanto andare alla movida ma cercare la gente dov’è. "Per l’acqua santa preferisco chi va, passa un’ora con una famiglia anche senza farlo in Quaresima che una benedizione a pioggia di tutti gli appartamenti". Tanto più con i giovani. E il punto è la fede. "Come chiesa possiamo cavarcela dando la colpa agli eccessi o chi non ci capisce: ma ci rendiamo conto che i giovani non ci seguono sul piano della pura devozione, che a volte anche noi rischiamo di essere noiosi e poco attrattivi?".
Il sinodo ha fissato la priorità: uscire dalle chiese e fare la pastorale fuori. Lui alla Badia o a S.Agostino non voleva convertire nessuno ma capire. "Se dai risposta alla voglia di senso, di gruppo, di comunione i ragazzi ti seguono, se li ignori, li eviti o addirittura li giudichi a prescindere si rifugiano altrove". Ieri intanto in 600 da Arezzo erano dal Papa, nella giornata dei ragazzi. E il vescovo "sessantottino" non stava nella pelle.