GAIA PAPI
Cronaca

"Mi sentivo Agnelli, poi ho chiuso". Artigiano per passione al giro di boa. Lascia l’impresa e si fa assumere

Da imprenditore a dipendente. La parabola di Grazzini, elettricista: nel ’95 l’avvio dell’attività: "Anni pieni". Il peso della burocrazia e le difficoltà lo hanno costretto a cambiare strada: "Un sogno realizzato a metà"

Un artigiano (Foto di repertorio)

Un artigiano (Foto di repertorio)

Arezzo, 21 agosto 2024 – “Quando negli anni ‘90 ho aperto la mia attività mi sentivo conme l’Avvocato Agnelli. Toccavo il cielo con un dito. Poi mi hanno levato tutti i sogni e ho deciso di cambiare vita". È quanto racconta Alfredo Grazzini, 57 anni, che nel 1995 aprì con un socio un’attività da elettricista a Cavriglia.

Artigiano per passione?

"Sì, iniziai nel 1984 facendo la gavetta, poi arrivò il coronamento di un sogno: una attività tutta mia. Fare l’artigiano è una passione profonda che porto dentro da sempre".

Negli anni ‘90 le cose erano diverse…

"Notevolmente. Erano anni prolifici. Ma per gli artigiani di oggi è una missione, tutto è diventato difficilissimo. Intendiamoci, non manca la voglia di andare al lavoro, ma è tutto il resto ad aver spento l’entusiasmo: troppi soldi, troppe beghe, la burocrazia che ci strozza, le banche che non ci danno una mano".

E quindi l’idea di cambiare. "Non è stata una scelta facile. Io e il mio socio abbiamo avuto una proposta. Ci abbiamo riflettuto un anno e mezzo, poi abbiamo deciso di accettare. Sono stato assunto come dipendente in un’azienda. La scelta ci ha aperto un mondo. Un lavoro diverso dal fare l’artigiano, ma sempre nel settore elettrico. Essere dipendente: una cosa a cui non avevo mai pensato. Negli anni ‘90 ero troppo felice della mia attività che pensavo avrei trasmesso ai miei figli. E con la quale sarei arrivato serenamente alla pensione. Del resto, lavoravo, non avevo problemi".

E invece…

"Tutto è diventato sempre più difficile e con il tempo ci siamo talmente abituati a questa condizione che le complicazioni crescenti ormai erano diventate la normalità. Nel ‘95 quando abbiamo aperto l’attività, una vecchia snc, ci sentivamo imprenditori, dei piccoli Berlusconi, avevamo sfondato. Oggi ti fanno sentire una nullità. Quasi trenta anni di attività per non ritrovarci niente. La sensazione è di non aver costruito alcunché, solo la fortuna e la bravura di avere imparato un mestiere artigiano, destinato però a perdersi".

Come è stato il nuovo corso? "Non è stato facile, è pur sempre un cambiamento di abitudini dopo 28 anni. Ma ad oggi non sono affatto pentito".

Cosa pensa dei giovani non interessati al mestiere dell’artigiano?

"Tanti mi chiedono un consiglio, io offro il mio spaccato, altri si vanno ad informare e quello che emerge è che ci sono troppe trappole e troppi buchi oscuri, per questo non sono invogliati. Troppi rischi, per guadagnare meno di un operaio".

E i suoi figli?

"Quando ho iniziato l’attività credevo che l’avrei tramandata. Ma vedendo come stava cambiando il lavoro li ho spinti a studiare, a viaggiare, a vedere il mondo con la speranza che nessuno di loro debba fare a pezzi i propri sogni, come è accaduto per quelli di noi artigiani".