LUCIA BIGOZZI
Cronaca

"In fuga con mio figlio malato" Le due guerre di mamma Julia

A Kiev non trovava più farmaci per il bambino affetto da sclerosi tuberosa e con un tumore cerebrale "Ci hanno accolto a Cortona e Svet è curato al San Donato di Arezzo: qui i farmaci sono gratuiti"

di Lucia Bigozzi

"La guerra per me è iniziata a 22 anni, quando Svet è nato con una malattia rara, la sclerosi tuberosa; ora combatte con un tumore cerebrale e una forma di autismo". Julia di anni ne ha solo trenta, due occhi verdi pieni di coraggio e speranza, una cascata di capelli color rame. Stringe la mano a suo figlio che tra poco compirà nove anni e adora i cartoni animati sul telefonino di mamma. Julia è arrivata da Kiev a Cortona, un amico belga le ha consigliato di trovare rifugio in Italia e cure per Svet perché "con i missili sulla città non c’era più possibilità di trovare i farmaci e farne scorta. Prima della guerra li facevamo arrivare dalla Polonia o dall’Ungheria, ma di fronte al rischio di non averne più, abbiamo deciso di scappare".

Con ’La Nazione’ e grazie alla traduzione dell’amica Kristina racconta la guerra con la forza di una giovane madre che sa cosa vuol dire combattere ogni giorno con una malattia grave e una diagnosi "che non dà prospettive di guarigione. Io e suo padre siamo cresciuti in fretta, a vent’anni". Eppure sorride e va avanti, "grata a tutte le persone che ci stanno aiutando e in particolare ai medici dell’ospedale di Arezzo che seguono mio figlio e hanno fatto di tutto per farci sentire accolti e al sicuro".

Nel reparto Pediatria del San Donato, Julia ha incontrato "professionisti che si sono presi cura di Svet e si sono dati da fare per reperire i farmaci necessari. Ad Arezzo non avevano una tipologia chemioterapica, hanno contattato l’ospedale di Siena e in un paio di ore lo avevamo a disposizione", racconta Julia che per gestire al meglio il suo bambino, cinque anni fa ha messo da parte la laurea in giornalismo e ha studiato logopedia e psicologia. "Prima della guerra lavoravo in un istituto a Kiev specializzato per i bambini con gli stessi problemi del mio. Per me era importante quel lavoro, sia perché potevo comprare i farmaci per lui, sia perché potevo assisterlo con competenza. Sono rimasta meravigliata quando ho saputo che qui in Italia le medicine per Svet le passano gratis". L’ex marito è rimasto a Kiev, anche se "poteva lasciare il Paese per assistere il figlio ma è rimasto per difendere la nostra gente". A Cortona Julia, la madre e il figlio, sono stati accolti nella casa di un belga che vive in un casolare tra le colline, successivamente un vicino americano ha messo loro a disposizione la sua abitazione, più spaziosa. La giovane mamma è pronta a cercare un impiego "per essere indipendente e poter aiutare dall’Italia tante persone rimaste in Ucraina che hanno perso tutto. Ma spero che la guerra finisca presto per tornare a casa, ricostruire il mio Paese, riprendere la vita quotidiana". La fuga da Kiev è stata uno slalom tra bombe e macerie: "Quel giorno eravamo alla stazione con migliaia di persone che aspettavano un treno. All’improvviso le sirene hanno suonato ma noi volevamo partire e abbiamo trovato un riparo all’interno. Abbiamo saputo che i russi avevano orientato un missile proprio sulla stazione ma la contraerea ucraina l’ha intercettato e colpito. Intorno alla stazione c’erano i resti. I treni erano cancellati, e dopo un’ora hanno annunciato quello per Leopoli che abbiamo preso al volo, senza pensare: l’importante era salvarsi. E’ stato un viaggio lungo e complicato, ma ora siamo qui".

La guerra le ha fatto capire che "su qualsiasi malvagità e orrore, vince sempre l’umanità delle persone. Nonostante le difficoltà, quando riesci ad aiutare gli altri come faresti con te stesso è a quel punto che il bene vince sul male". "La guerra ha fatto cadere molte maschere, ai politici, ai governanti degli altri Paesi; abbiamo visto chi parla e chi, invece, agisce – aggiunge –. Noi ucraini ora non crediamo più alle belle parole, abbiamo smesso di parlare e abbiamo capito chi ci accoltella alle spalle e chi ci è amico". Di russi non vuole nemmeno sentire parlare: "Non riesco proprio a stare accanto a loro. So bene che non tutti sono colpevoli, ma in questo momento mi sento solo con il mio popolo". Solo qualche mese fa Julia aveva pianificato la prima vacanza in Italia: "Dovevamo arrivare a maggio, e invece … Ho imparato a non programmare più e a vivere il presente con fiducia, senza mai perdere la speranza".