
In viaggio nell’Ottocento tra grotte ed eremi Poeti, religiosi, giornalisti stregati da Francesco
Attilio
Brilli
Abbiamo visto di recente la trasmissione televisiva "Una giornata particolare", dedicata alla figura di Francesco d’Assisi e all’approvazione della sua Regola. Vi si scorgevano di sfuggita i suoi eremi i quali incarnano lo spirito più autentico della sua incomparabile figura. Francesco soleva alternare periodi di intensa meditazione in località aspre e solitarie, negli eremi appunto, a periodi fra fra la gente in soccorso dei bisognosi, lebbrosi compresi. Non intendiamo parlare qui dei tre suggestivi eremi della provincia aretina, La Verna, Montecasale e Le Celle di Cortona, che abbiamo illustrato in una precedente occasione.
In un’epoca in cui frequenti si fanno i pellegrinaggi agli eremi francescani, soprattutto a piedi o in bicicletta, è d’obbligo ricordare quei personaggi singolari che per primi li rivelarono al mondo percorrendo l’Appennino centrale, da La Verna a Poggio Bustone presso Rieti. Farlo significa rivivere l’atmosfera culturale neo spiritualistica del secondo Ottocento, protesa alla rivalutazione dei fattori religiosi contro il positivismo agnostico. In questa atmosfera si sviluppa una nuova interpretazione del Medioevo e con essa il culto per la figura di Francesco che ne rappresenta l’anima.
Tre personaggi in particolare rimasero affascinati dalla parabola spirituale francescana e dagli insediamenti eremitici della quale sono una testimonianza fondamentale.
Il primo è il pastore calvinista Paul Sabatier (1858-1928), autore della Vita di San Francesco d’Assisi (1893), biografia che conosce un successo internazionale e che viene tradotta in molte lingue. Il suo motto ricorrente sostiene che "Nessuno può pensare di conoscere Francesco senza conoscere i luoghi in cui visse". Motivo essenziale della fortuna del libro è la capacità di Sabatier di porsi in sintonia con il diffondersi del rinnovato sentimento religioso, a prescindere da una specifica confessione. Fra i tanti suoi estimatori figurano infatti Fogazzaro e Tolstoij.
Il secondo è il poeta danese Johann Joergensen (1866-1956) che soggiorna a lungo a Siena e ad Assisi, città nelle quali studia le figure di Caterina e di Francesco. Il suo maggior merito appare oggi l’aver descritto con grande freschezza itinerari ed eremi francescani nel volume Il libro del pellegrino (1918). Joergensen considerava le proprie narrazioni di pellegrinaggio alla stregua di quei muschiosi cippi stradali che si ergono lontano dalle vie maestre e che indicano la strada per luoghi da tempo dimenticati. L’inglese Beryl D. de Selincourt (1884-1962) è una giornalista del “Daily Telegraph” e del “New Statesman”.
Accompagnata da una fotografa, portando con sé i Fioretti di San Francesco e il volume di Sabatier, percorre a dorso di mulo gli itinerari che conducono agli eremi, dalla Toscana, all’Umbria e all’alto Lazio.
La relazione di Francesco con i luoghi della sua meditazione si esprime integra nelle pagine di Homes of the First Franciscans (1905), testo mai tradotto il cui titolo in italiano suona Dimore dei primi Francescani. "I secoli sono stati benevoli con gli eremi di Francesco", ha scritto la viaggiatrice, "la loro ubicazione remota li ha preservati dalle trasformazioni dell’era industriale. Grazie a loro possiamo penetrare nelle solitudini naturali elette ad abitazione da Francesco a dai suoi seguaci".
Sulla scorta di questi tre antesignani, sono nate, nel corso del Novecento e fino ad oggi, numerose guide delle località eremitiche francescane. Sabatier, Joergensen e la Selincourt ci suggeriscono comunque alcune non trascurabili riflessioni. È singolare, innanzi tutto, che nessuno dei tre personaggi sia, almeno in origine, di religione cattolica. Questo è il segno che la parola di Francesco, unica, trascende la singola confessione religiosa. In secondo luogo si deve rilevare che nessuno dei tre è italiano, il che la dice lunga sulla chiusura della cultura nostrana, compresa quelle religiosa, troppo spesso arroccata in se stessa e incapace di porsi in sintonia con gli stimoli di culture diverse.
La terza riflessione ci ricorda la natura di eremo che, in origine, non è una costruzione, bensì una grotta a somiglianza di quella in cui nacque Cristo, una spelonca, una fenditura della roccia. Gli edifici che vediamo oggi sono stati costruiti in epoche successive incorporando quei primitivi ricettacoli offerti dalla natura. Come è noto, lo sviluppo dell’Ordine francescano e del suo raggio d’azione diventa ben presto incompatibile con la sprovveduta erranza francescana e la mancanza di punti di riferimento.
Nascono così i primi conventi in tutta la penisola, centri di stabilità e di organizzazione. Nella rinuncia di Francesco alla guida dell’Ordine per come si va configurando, c’è tutta l’intransigente volontà di vivere secondo il modello del Vangelo. È pertanto in quelle grotte, all’interno degli eremi, che il pellegrino trova oggi il senso autentico del messaggio francescano.