LUCIA BIGOZZI
Cronaca

In volo con l’elisoccorso: "Un’emozione fortissima. Resta sempre addosso"

Ha decine di voli su Pegaso appiccicati alla divisa dell’emergenza. E volti di persone in pericolo, da salvare nella corsa...

Ha decine di voli su Pegaso appiccicati alla divisa dell’emergenza. E volti di persone in pericolo, da salvare nella corsa...

Ha decine di voli su Pegaso appiccicati alla divisa dell’emergenza. E volti di persone in pericolo, da salvare nella corsa...

Ha decine di voli su Pegaso appiccicati alla divisa dell’emergenza. E volti di persone in pericolo, da salvare nella corsa contro il tempo: così dal 2023. Sara Montemerani ha 36 anni, vive a Buonconvento (Siena) con il marito e fa la spola tra Grosseto dove è di stanza la centrale dell’elisoccorso e l’hub del pronto soccorso all’ospedale di Arezzo. É una delle quattro donne medico (tre gli uomini) nel team di Pegaso.

Dottoressa Montemerani, perchè ha scelto l’attività su Pegaso? "Ho sempre avuto una passione per la medicina d’urgenza. L’attività in elisoccorso è compresa tra quelle del dipartimento dell’emergenza. Ho seguito corsi, mi sono preparata molto, fino al concorso nel 2023 che ho vinto insieme ad altri due colleghi. Formazione tecnica, poi il primo volo".

Come è andata? "Un’emozione forte che non dimentico. Ti senti attraversata da una carica di adrenalina perchè sai di fare qualcosa di diverso rispetto al lavoro in pronto soccorso. Un’esperienza che ti dà tanto e ti resta addosso ogni volta. Ma c’è di più...

Cosa? "Il lavoro di squadra che in elisoccorso è ancor più determinante: oltre a medici e infermieri nel team ci sono esperti del soccorso alpino e dell’areonatica: tutti lavorano per il paziente e per lo stesso obiettivo".

C’è un caso tra i tanti che l’ha colpita? "Sì è quello di una bambina con una grave patologia dalla nascita. Siamo intervenuti in una zona boschiva irraggiungibile per l’ambulanza. Mi sono calata con il verricello insieme a un infermiere e quando siamo entrati in casa la piccola era in arresto cardiaco anche se i genitori stavano già praticando il massaggio cardiaco in collegamento con la centrale del 118".

Che intervento è stato? "Complesso sia sul piano tecnico che umano: la bambina è stata intubata e con la somministrazione di alcuni farmaci si è ripresa ma purtroppo è morta poche ore dopo al Meyer. La sua storia mi ha colpito anche per il coraggio della madre che ha scelto di adottarla dopo l’abbandono da parte dei genitori biologici pur sapendo che sarebbe arrivato quel giorno. Un atto d’amore e di coraggio dirompenti".

Cosa ha imparato nel suo lavoro? "La resilienza, non mollare mai, andare avanti nonostante le difficoltà. E cercare una soluzione alternativa".

Ha subito discriminazioni per il fatto di essere un medico donna? "Fortunatamente no. Nella mia quotidianità operativa siamo quasi tutte donne. Diciamo che il mestiere di per sè è discriminante perchè è complicato da conciliare con la famiglia, ma vale per le donne e per gli uomini".