REDAZIONE AREZZO

Inchiesta bis su Banca Etruria: sotto esame i mesi prima del commissariamento, ma per ora senza reati e indagati

E' condotta direttamente dal procuratore capo Roberto Rossi. Intanto l'altro filone, che ha già portato all'avviso di chiusura indagini per Fornasari, Bronchi e Canestri, viaggia verso la richiesta di rinvio a giudizio

Roberto Rossi

Arezzo, 16 ottobre 2015 - Non c'è solo la contestata operazione sulla società Palazzo delle Fonti, non ci sono solo le accuse sull’aumento di capitale del 2012, i due filoni d’inchiesta  costati l’avviso di chiusura indagini all’ex presidente Giuseppe Fornasari, all’ex direttore generale Luca Bronchi e al direttore centrale Davide Canestri e che viaggia verso la richiesta di rinvio a giudizio. Ora su Banca Etruria c’è anche un’inchiesta bis, riguarda direttamente l’ultima fase di attività dell’istituto di via Calamandrei, quello sfociato nel commissariamento di febbraio.

La segue direttamente il procuratore capo Roberto Rossi, che si è affidato alle indagini della Guardia di Finanza. Ma per ora non ci sono nè indagati nè reati ipotizzati. A Palazzo di giustizia è aperto un fascicolo, che allo stato attuale contiene solo la relazione di Bankitalia con cui via Nazionale richiese al ministro del Tesoro l’amministrazione straordinaria, poi firmata lunedì 10 e notificata al Cda prima che si mettesse ai voti il sì a un disavanzo da record, intorno ai 500 milioni.

Il documento contesta alcune pratiche di finanziamento che sarebbero state votate in conflitto d’interesse, generando perdite per 18 milioni. Bankitalia non esplicita chi siano gli amministratori in conflitto di interessi, ma nelle righe immediatamente successive ci sono due nomi, quello dell’ultimo presidente Lorenzo Rosi e del consigliere Luciano Nataloni. E si fa riferimento a due pratiche.

La prima è il finanziamento incagliato alla società Città Sant’Angelo, che si occupò della costruzione dell’outlet alle porte di Pescara, realizzato dalla Coop Castelnuovese di cui Rosi era presidente e da un gigante della cooperazione rossa, la Unieco di Reggio Emilia, poi finita in concordato.

La seconda riguarda la Td Group (5,4 milioni) cui secondo la relazione era interessato Nataloni. Ambienti vicini a Rosi hanno sempre parlato di totale rispetto dell’articolo 136 del Testo Unico Bancario e del 2391 del codice civile che regolano le situazioni di conflitto di interesse.

Nella relazione si rimprovera inoltre al Cda un rinnovamento meno ampio di quanto avesse chiesto via Nazionale e si contesta un eccesso di inerzia nel risanamento della situazione finanziaria. Tocca adesso al procuratore Rossi e alla Finanza capire se in tali rilievi ci siano situazioni penalmente rilevanti.