LUCA AMODIO
Cronaca

Intossicazione da monossido di carbonio, come riconoscere i sintomi

Roberto Bindi, coordinatore della rianimazione, spiega quali sono i rischi: "Spalancare le finestre e far uscire tutte le persone presenti nella stanza"

Roberto Bindi e la dottoressa Raffaella Pavani, direttrice della rianimazione

Roberto Bindi e la dottoressa Raffaella Pavani, direttrice della rianimazione

Arezzo, 16 gennaio 2024 – “Il monossido di carbonio è un gas subdolo: è inodore, insapore e incolore, per cui non ce se ne accorge a meno che si utilizzino gli appositi device". Così il dottor Roberto Bindi, infermiere coordinatore della rianimazione al San Donato. "Se il monossido è nell’aria si lega con l’emoglobina che quindi finisce con il trasportare il monossido e non l’ossigeno: così tutto entra in sofferenza - ci spiega - quello che preoccupa all’inizio è il cervello e infatti i primi sintomi sono nausea, stanchezza e vertigini". Poi tocca ai polmoni e al cuore e "se l’esposizione è prolungata si arriva all’arresto cardiocircolatorio che è l’ultimo evento di una cascata di eventi che iniziano come abbiamo detto", aggiunge Bindi. "Non a caso, nei casi più gravi, una delle scelte terapeutiche è appunto la camera iperbarica che aumenta la concentrazione e la pressione di ossigeno. Difficile dire dopo quanto il monossido diventi fatale: ci sono tante variabili in gioco, tempo, concentrazione, e stato di salute della persona, ma come conclude Bindi, "per abbassare il rischio occorre abbassare la probabilità, occorre  cioè una serie di misure preventive: manutenzione della caldaie come previsto dalla legge, e utilizzare in modo corretto i dispositivi. Accorgimenti banali ma non scontati". Fatto sta che "i pazienti più a rischio sono i bambini con meno di 12 anni perché hanno una frequenza respiratoria elevata e quindi assimilano più monossido di carbonio; poi sono più vulnerabili anche coloro che hanno avuto ictus e infarti o le donne incinta", racconta Antoine Belperio, infermiere del 118 che domenica sera è intervenuto nella fuga di monossido a Cesa. "Quando ci si trova davanti a una fuoriuscita di monossido, la prima cosa da fare è spalancare le finestre ed evacuare le persone presenti - ci dice - poi dal punto di vista terapeutico ossigeno ad alti flussi e supportare le funzioni vitali".

Le operazioni di soccorso non sono semplici. "Alla centrale quando arriva la chiamata non è sempre chiaro il motivo dei sintomi, ci viene detto che i malesseri sono generali: ecco perché è importante il rilevatore che tutti noi abbiamo sulla divisa che in caso di presenza di gas, come il monossido, ce lo segnala", spiega Azzurra Rosini, infermiera del 118. "A quel punto avvertiamo la centrale che a sua volta avverte le forze dell’ordine e i vigili del fuoco ma anche il pronto soccorso che si attiva per preparare gli Ega, emogasanalisi ,cioè i test diagnostici che si effettuano per confermare la presenza di monossido e la sua concentrazione".