
Paolo Rossi con Ciccio Graziani
Arezzo, 10 dicembre 2020 - «Ho ricevuto la notizia da un amico di Padova stanotte alle 5 e ho avuto una reazione strana, non sono riuscito più a dormire. Mi ha preso come una tremarella, un'agitazione particolare. Tanto è vero che mia moglie mi ha detto 'stai calmo che ti piglia un infartò. Mi sono spaventato, rattristato, non ci volevo credere».
Cosi la prima reazione di Francesco 'Cicciò Graziani alla morte dell'amico e collega campione del mondo del 1982. Graziani, che da sempre vive ad Arezzo, raggiunto telefonicamente ha poi proseguito: «sapevo che non stava bene ma aveva ripreso a scrivere sulla nostra chat dei campioni del mondo e dunque mi ero rinfrancato, l'avevo chiamato due mesi fa. Paolo era stato operato a metà luglio. Ho pensato che fosse andato tutto bene. E invece non è stato cosi. Purtroppo ha lasciato anche lui questo mondo. Mi rammarica il fatto che negli ultimi mesi non l'ho più visto».
Commosso e sincero il ritratto che Graziani fa di Rossi. «Paolo era un giocatore particolare, svelto, rapido, intuitivo, dentro l'area era pericolosissimo, aveva un rapporto con la palla incredibile. Trovava sempre i movimenti giusti per andare a piazzarsi nella posizione più giusta. Il calciatore era straordinario, l'uomo ancora di più, sorridente, gioioso, con una parola di conforto per tutti - ha continuato -. Ho vissuto con lui due mondiali, il primo più superficiale, il secondo è stato meraviglioso, noi eravamo dei fratelli ecco perché ho avuto questa reazione cosi particolare alla notizia della sua morte. Proprio come mi fosse andato via un fratello.
Sono ancora frastornato. Spero di poter essere disponibile per dargli l'ultimo saluto, mi farebbe stare bene». Infine un ricordo. «Nel mondiale spagnolo lui aveva sofferto molto le prime partite essendo fermo da quasi due anni. Temeva di essere escluso e mi confessò che gli sarebbe dispiaciuto perché sentiva crescere la forma.
Una mattina l'ho visto in maniera diversa. 'Paolino che c'è?' Gli ho detto. 'Ho paura di essere esclusò, ha risposto. E io l'ho tranquillizzato. 'Tu Paolo non esci dalla squadra perché sai che Bearzot ha un affetto e un amore per te che non ti toglierà maì. Dopo i tre goal al Brasile mi ha abbracciato in maniera cosi affettuosa che ho capito subito perché. Il fatto che avesse segnato quei tre goal è stata una liberazione meravigliosa per lui e per tutti noi»