
IN ALTO I BOCCALI Tramontano le birre classiche a vantaggio di quelle belga, inglesi e irlandesi
Arezzo, 22 novembre 2016 - Una volta c'erano la Peroni, la Moretti oppure, per i più duri, la Raffo. Adesso, anche ad Arezzo è esplosa la mania della birra artigianale o comunque della bottiglia fuori dai soliti circuiti, spesso d’importazione. Un orizzonte molto vasto che in città ha cominciato ad allargarsi grazie all’opera di alcuni appassionati, come spiega Merilinda Danai, esperta e degustatrice di birre: «Locali come Indro Beer, il B17 o come la pizzeria Scugnizzo hanno proposto e fatto conoscere agli aretini molte etichette che ora sono diventate molto in voga. Quando ha aperto Indro Beer molte persone, vedendo la parete con oltre trecento bottiglie, domandavano se fosse una sorta di museo perché l’offerta era ampia e, in moltissimi casi, i prodotti sconosciuti». Sono partiti da lì anche i corsi di degustazione: «Ci sono stati degli eventi gratuiti ai quali hanno parttecipato a stento quattro o cinque persone, attualmente si fanno corsi a pagamento e la risposta è completamente diversa, perché nel tempo è aumentata la curiosità e la voglia di conoscere la materia». Una moda a tutti gli effetti che prevede, come da manuale, anche gli abbinamenti col cibo proprio come si fa con il vino. In questo senso è innovativo l’esperimento del Cantiere 61 che ha unito due realtà, il già citato Indro Beer e Tuttapizza, dove è possibile acquistare una pizza e poi chiedere quale sia la birra più adatta ad accompagnare la farcitura scelta: «Si sta aprendo anche questo orizzonte – continua Danai – anche se c’è ancora molto da fare nell’ambito della conoscenza vera e propria della bevanda. Ad esempio, noi in Italia siamo ancora abituati a dividere le birre in bionde, rosse e brune ma ci sono ottocento stili di birra, e sto arrotondando». Tuttavia, questo lavoro di «semina», se così vogliamo chiamarlo, ha dato i suoi frutti. In città soprattutto in centro ma non solo, nei vari pub, bar e punti di ristoro è possibile trovare ad esempio una blanche, che fino a poco tempo fa era sconosciuta ai più. Provare per credere con Mr Bloom, Dinky, Crispi’s oppure il Quokka o il nuovo Tnt pub, solo per citarne alcuni:
«Non solo – spiega ancora Danai – come accade a Firenze, anche da queste parti i ristoranti cominciano a proporre la carta delle birre accanto a quella dei vini. E dirò di più, la sensibilità e la curiosità è cresciuta così tanto che anche nei supermercati si trovano etichette molto ricercate». Dove si dirigono prevalentemente i gusti degli aretini? A farla da padrona sono le India pale ale, meglio conosciute come Ipa, conclude Merilinda Danai: «Le Ipa sono di gran moda in questo momento e godono di un vasto consenso. Sono birre molto luppolate e aromatizzate, lasciano un retrogusto agrumato, floreale o resinoso a seconda di quella scelta. Non sembra prendere piede in città una moda che invece sta dilagando molto in Italia, cioè quelle delle birre acide». E la vecchia Peroni? Beh, quella è un classico senza tempo. Dunque, in alto i boccali. Dopotutto, chi beve birra campa cent’anni.