LILETTA
Cronaca

La "camera" del Vasari e le virtù ritrovate. La rinascita del prezioso soffitto veneziano

Una vicenda durata quasi 40 anni per la splendida opera realizzata in Palazzo Corner Spinelli dove giunse su invito di Pietro Aretino

La "camera" del Vasari e le virtù ritrovate. La rinascita  del prezioso soffitto veneziano

Una vicenda durata quasi 40 anni per la splendida opera realizzata in Palazzo Corner Spinelli dove giunse su invito di Pietro Aretino

Fornasari

Una vicenda durata quaranta anni ha portato al riacquisto e alla ricomposizione del soffitto della “Camera nova” dipinto da Vasari per Palazzo Corner Spinelli, a Venezia, dove l’artista giunse su invito di Pietro Aretino il primo dicembre 1541. Si tratta di un evento eccezionale, celebrato in un bellissimo volume a cura di Giulio Manieri Elia, direttore delle Gallerie dell’Accademia di Venezia (Marsilio Arte editore), sede dell’esposizione del soffitto, finalmente rimontato e quindi visibile pubblicamente, riproponendo l’effetto di ricchezza e di sfarzo nei colori. L’intera operazione è un esempio straordinario di "concordanza progettuale e di continuità di azione" - scrive Manieri Elia – oltre che di collaborazione pubblico-privato in due momenti fondamentali, l’acquisizione all’estero degli ultimi due frammenti e il restauro di tutte le tavole affidato alla nostra restauratrice aretina Rossella Cavigli e a Roberto Saccuman per i supporti lignei. Con il coinvolgimento di numerose persone che negli anni hanno preso parte alla ricerca e al recupero dei frammenti del soffitto, è bene ricordare che l’operazione ha avuto inizio con l’acquisto della tavola con il Suicido di Giuda nel 1980, promosso dalla mai dimenticata Anna Maria Maetzke con la volontà precisa che il dipinto fosse esposto a Casa Vasari ad Arezzo. La tavola che, apparsa in asta da Christie’s di Roma il 20 novembre del 1980, fu acquistata dallo Stato italiano nel 1981, fu riconosciuta come autografa da Paola Barocchi.

Spetta alla Maetzke averla giudicata prossima alle nove dello smembrato soffitto veneziano, delle quali racconta lo stesso Vasari descrivendole. Dopo avere allestito le scenografie della Talanta dell’Aretino per il Carnevale del 1542, Vasari, interprete aggiornato sulla maniera tosco-romana, riscosse consenso da parte delle famiglie veneziane. Giovanni Corner, figura influente della Venezia di allora, dette incarico a Vasari di realizzare il soffitto, destinato ad un ambiente del suo palazzo.

Esso si componeva di nove elementi con un soggetto che può essere individuato nel Trionfo della Virtù. E’ lo stesso Vasari quindi che ci dice che le Virtù fossero in cinque comparti e che sugli altri quattro ci fossero i Putti con tabella. Al centro la Carità e “in quattro quadri la Fede, la Speranza, la Giustizia e la Pazienza”. Per l’impresa veneziana Vasari si avvalse di Cristofano Gherardi, collaboratore e amico, oltre che di un garzone di nome Battista. La rimozione settecentesca del soffitto ha segnato la sua dispersione, iniziando dalle alienazioni nel 1799 della Fede e della Speranza. Le due tavole evidentemente furono anche tagliate. Infatti la grande scoperta è stata quella di capire, grazie anche all’analisi dei singoli comparti fatta da Rossella Cavigli e da Luisa Caporossi, che il Giuda di Arezzo, immagine quindi allegorica della Disperazione, facesse parte della Speranza, che decurtata di una parte, era andata nella collezione dell’editore austriaco Georg Weidenfeld a Londra nel 1950. Si è così risolto un enigma.

Esposta a Napoli nel 1952 insieme alla Pazienza e alla Giustizia, anche la Speranza fu comprata dalle Gallerie dell’Accademia di Venezia nel 2017. Varie sono stati i percorsi mercantili di tutte le tavole.

La Fede, anch’essa decurtata, andò in Germania e molti sono stati i suoi passaggi in collezioni tedesche, per essere poi acquistata da Wayland Young, Lord Kennet, dove è rimasta fino al 2013, anno dell’acquisto da parte delle Gallerie dell’Accademia, dopo che la moglie dello scrittore e politico britannico, rimasta vedova, la mise in vendita. Alla morte dell’ultimo discendente Corner di San Polo, nel 1798, le tavole, come bene ha ricostruito Manieri Elia, furono divise in due nuclei in eredità alle due figlie, Elisabetta, coniugata Grimani, e Laura, consorte di Alvise Mocenigo I di San Stae. Dal primo nucleo ad esempio fu alienata la Carità, che riapparsa a Milano presso l’antiquario Bozzoli, fu da quest’ultimo venduta nel 1819 alla Pinacoteca di Brera. Da questa è passata dal 1973 nel deposito del Museo Civico di Gallarate, per poi essere concessa alle Gallerie veneziane. Del primo nucleo facevano parte anche Due putti con tabella, di cui uno ancora non rintracciato.

Dopo vari passaggi l’altro è emerso in una collezione di Terni nel 1998 e poiché riconosciuto da Luisa Vertova, fu acquistato dallo Stato italiano nel 2002.

Il secondo nucleo, rimasto unito, è giunto a Roma nella collezione Di Capua nel 1932. Rese note da una mostra sul Manierismo a Venezia del 1981, furono vendute da Giovanna Di Capua Sestrieri nel 1987.

Come bene sottolineato da Rossella Cavigli, le varie vicende conservative dettate dai vari passaggi hanno determinato segni bene leggibili sulle superfici pittoriche e quindi è stato necessario riportare l’insieme ad un livello omogeneo di lettura. La difficoltà maggiore nella ricomposizione era dato dalla perdita della ricca incorniciatura lignea scolpita con “fusaroli e foglie”, secondo un gusto tipico a Venezia. Il soffitto vasariano ebbe successo e Vasari stesso, modificando i soggetti, lo ripropose come modello detto “palco alla veneziana” nella propria casa aretina e poi all’apice della carriera nel Salone dei Cinquecento in Palazzo della Signoria.