FEDERICO
Cronaca

La città affamata in cui funziona solo l’alimentare

Arezzo sta vivendo una crisi di negozi tradizionali a causa della crescita dei centri commerciali. I commercianti stanno pagando un prezzo alto, ma i negozi di quartiere possono resistere grazie al servizio esclusivo della vicinanza e del rapporto umano.

D’Ascoli

Non può essere solo colpa di Amazon e del commercio online se ad Arezzo abbassano le saracinesche tanti negozi tradizionali di abbigliamento, librerie ed edicole sembrano non avere futuro. La vera concorrenza viene dai centri commerciali, lasciati moltiplicare a dismisura, facendo finta di non sapere che sarà la morte dei piccoli negozi tradizionali. La chiusura dei negozi di vicinato è una doccia fredda per i commercianti che falliscono, ma è anche un problema di gestione del territorio: a ogni saracinesca che si abbassa avanzano l’incuria e l’abbandono, il senso di insicurezza. Sono proprio necessari tutti questi supermercati? Non si poteva fissare qualche paletto in più? Non si poteva agire sulla leva degli incentivi o degli sconti fiscali per tenere in vita i negozi di quartiere?

La grande crescita dei supermercati ha schiacciato la concorrenza dei negozi tradizionali con il potente sistema degli sconti e con l’organizzazione del lavoro in turni 7 giorni su 7, talvolta anche di notte. Orari di vendita che sono impraticabili dai negozi a gestione familiare. Chi pagherà il prezzo più alto? Nessuno sa rispondere ma c’è da scommettere che i negozi resisteranno all’urto finale, potendo offrire il servizio esclusivo della vicinanza sotto casa e del rapporto umano. È guerra commerciale, senza esclusione di colpi.