SILVIA BARDI
Cronaca

"La galleria d’arte del ’900 scomparsa"

Appello per ricollocare tutte insieme le opere di Palazzo Guillichini, poi disperse negli uffici pubblici di tutta la città.

di Silvia Bardi

"Bisogna fare gli archeologi per riuscire a ricostruire quello che era Arezzo negli anni Sessanta e Settanta per l’arte contemporanea. Un città che coniugava cultura ed economia, chiamava gli artisti ad esporre e poi li invitata a disegnare i bozzetti dei gioielli delle nostre fabbriche. La UnoAErre quando venne istituito il Premio Arezzo regalava un chilo d’oro della forma di un pesetto da bilancia. Un connubio perfetto che raccontava la nostra identità, arte, cultura, bellezza, benessere".

Danilo Sensi, critico d’arte, ha un pallino fisso da anni, da quando ha lavorato per Icastica, da quando a istituito il nuovo Premio Arezzo, da quando ha convinto Anna Roncoroni e Franco Onali a fondare l’Archivio intitolato proprio al maestro che è stato, ed è ancora, uno degli esponenti del Novecento aretino. Il suo pallino è restituire l’intera collezione d’arte contemporanea aretina alla città, recuperare tutte le opere che alla chiusura della Galleria di Palazzo Guillichini in Corso Italia vennero sparse e disperse. Alcune sono negli uffici comunali, allo Sportello Unico, in Tribunale, stipate in magazzini, fondi e soffitte, per molti anni anche dietro l’altare della chiesa di S.Ignazio.

L’obiettivo di Sensi è vederle tornare nella Galleria di piazza San Francesco che l’architetto Branzi realizzò appositamente nel 2003, più di cinquecento pezzi di duecento artisti, compresi quelli di Icastica. "Alcuni mancano all’appello - insiste - altri sono distrutti come la testa in gesso di Quinto Martini, altri danneggiati dalle escursioni termiche e dall’umidità". E così è stato organizzato un convegno a cui hanno partecipato Sensi, Anna Roncoroni, il vicepresidente e assessore alla cultura della Regione Toscana Monica Barni e Michele Loffredo direttore del Museo Medievale e uno dei protagonisti di quel Novecento che segnò anche la nascita di numerose gallerie e richiamò tantissimi artisti.

"Erano gli anni del sindaco Vinay che con l’architetto Mercatini, il pittore Dario Tenti e lo scrittore Mario Novi inventarono questo premio che permise agli aretini di avvicinarsi all’arte moderna e di mettere la città al centro dell’interesse nazionale. Il chilo d’oro in regalo fu una brillante operazione di marketing e i quadri vincitori del concorso rimanevano di proprietà del Comune per la sua collezione" ricorda Sensi. Qualche nome? Tenti, Caporali, Cavallucci, Onali, Naldi, Ugo Lani, Lisi, Gardeschi, Gnalducci, Droandi nel gruppo dei fondatori a cui si aggiunsero Venturi, Grazzini, Loffredo, Villloresi. Un cenacolo tutto aretino che nel 1957 vide l’arrivo dell’artista spagnolo in esilio Abel Vallmijana che innamoratosi di Arezzo e di Piero della Francesca si stabilì Villa Guillichini dove ospitava Neruda, Garcia Marquez, Raphael Alberti e lo scultore Vivarelli. Una città al centro del fermento culturale internazionale e che vide la UnoAErre commissionare bozzetti di gioielli a Fontana, Dalì, Guidi, Venturi, Onali e che ora costituiscono la collezione "Oro d’autore", per anni anche questa invisibile alla città, in parte esposta in Fraternita e ora acquistata dalla Regione Toscana.

"Quelle opere hanno una potenzialità enorme, possono costituire il nostro museo del Novecento e dare ai giovani la coscienza di ciò che era questa città - insiste Loffredo - il Premio Arezzo si è tenuto dal 1959 al 1963. Raccontano gli anni in cui si facevano anche trecento mostre all’anno, epocale quella curata da Luigi Carluccio. Venne creata una Galleria per ospitarle prima diretta da Crispolti poi da Tenti, dapprima a Palazzo Pretorio, poi nel palazzo comunale, poi nel palazzo delle statue che doveva ospitare le collezioni di ‘800 e ‘900 ma ceduto al Tecnico femminile perché mancavano le aule, infine S.Ignazio e fino al 1988 a Palazzo Guillichini. Ultimi anni faticosi nel disinteresse degli amministratori e che portarono alle dimissioni di Tenti. L’unico catalogo è del 1995. Con il progetto Branzi la Galleria di piazza San Francesco dove ospitare la collezione permanente. Non è mai successo. Abbiamo cancellato cinquant’anni della nostra vita culturale".