D’Ascoli
Da quasi trenta secoli parla di te la storia. Le parole dell’Inno del Saracino hanno finalmente trovato completa esecuzione grazie ai musei dei quartieri, a cui ieri si è aggiunto quello di Porta del Foro. Un percorso iniziato nel 2011 con Porta Sant’Andrea che ha sistemato le sue memorie nell’ex pretura in via Garibaldi. Due anni dopo, nel 2013, è stata Porta Santo Spirito che ha rimesso a posto il Bastione di ponente. Infine, tre anni fa, è stata Porta Crucifera che ha destinato a museo alcuni saloni di Palazzo Alberti.
La festa sotto Porta San Lorentino, un giorno dopo l’anniversario del ritrovamento della Chimera nel 1553, completa il quadro in un momento in cui la sfida medievale esce da un anno orribile, tra maxi squalifiche e il rischio di condizioni di sicurezza rigorose nel 2025, dimostra quanto il rispetto della tradizione e della storia del Saracino debba andare al di là delle strutture, degli antichi documenti e dei costumi non più in uso.
La Giostra è una festa ancora giovane, si avvia al secolo di vita, e in termini di tradizione e cultura ha ancora molta strada da percorrere. L’emblema della città e la terzina dell’Inferno di Dante mostrano come gli aretini amino da sempre i cavalli. Arezzo, nel tredicesimo Secolo, era la città medievale per eccellenza: per la Battaglia di Campaldino dell’11 giugno 1289, partirono dalla città per dirigersi verso il Casentino i più grandi cavalieri ghibellini e le più importanti famiglie nobili. All’inizio degli anni Trenta la volontà di far nascere una rievocazione storica si originava dalla voglia di mettere in mostra i propri fasti che, al contrario di quello che era avvenuto in altre città toscane, erano rimasti nel dimenticatoio. L’attivismo dei rioni cittadini, in particolare Santo Spirito, si esalta nel 1930 con una scoperta insolita: Alfredo Bennati, giornalista de “La Nazione” ritrova in biblioteca gli antichi regolamenti del 1677. I Capitoli della Giostra di Buratto sono il cuore delle regole per correr Giostra, dall’attribuzione dei punteggi alle penalità in cui si poteva incappare. Il gioco giusto per esaltare i fasti del passato era stato individuato e gli ingredienti c’erano: cinque quartieri, il Re delle Indie come nemico da combattere, le regole, un inno e un luogo dove giostrare, l’appena restaurata piazza Grande. Dopo il noleggio dei costumi dalla ditta Cerratelli di Firenze, il 7 agosto 1931 si disputa la prima sGiostra del Saracino. Il successo fu talmente grande che i maggior enti del fascismo compresero immediatamente il potenziale della rievocazione: sociale, turistico e propagandistico.
È per questo che nel 1932 il Saracino fu consolidato, tanto da istituire quattro società di quartiere, scomparvero Porta Burgi e il rione di Saione e debuttò Porta Sant’Andrea. L’obiettivo era tenere in vita le tradizioni popolari, indire manifestazioni pubbliche e, soprattutto, sfidarsi sulla lizza che dopo la prima esperienza in via di Seteria dal 1932 è in diagonale tra Borgunto e logge Vasari.
Come si legge su La Nazione del 4 agosto 1931, l’attesa in città è grande: "I cavalieri dei cinque rioni aretini concorreranno venerdì 7 agosto, alla Giostra del Saracino nella piazza Grande. L’aspettativa di Arezzo e Provincia è vivissima, giacché, per quanto il tempo sia stato assai limitato, i dirigenti, il Dopolavoro Provinciale e i componenti del Comitato delle Feste Patronali di San Donato, hanno lavorato e lavorano a tutt’uomo perché la manifestazione riesca nel modo migliore e perché, nella misura del possibile, sia fedele alle tradizioni che di tale divertimento ci sono rimaste".
La scelta del periodo non è un caso, ma è la conseguenza di un progetto urbanistico e di restauro del centro storico volto a far riassumere alla città il suo antico splendore. La storia locale venne usata per creare un forte senso di appartenenza nel momento in cui si ridisegnò il volto architettonico della città antica, con accenni fortemente medievali, nel quale si fecero rivivere in forma di rievocazione storica gli aspetti e le manifestazioni sociali del passato.
L’inaspettato entusiasmo della popolazione per la Giostra riuscì a farla crescere in tempi brevissimi. Le sedi dei quartieri a poco a poco iniziarono ad avere il ruolo voluto dal regime fascista, quello di circoli di ritrovo e di svago, dove si potesse anche ballare; le Società di Quartiere in poco tempo fecero breccia fra le classi popolari.
Il Saracino, dopo quasi un secolo e senza più spinte fasciste, ormai sta in piedi da solo: segno di una tradizione già forte, salda e ben radicata. Solo la violenza e l’ignoranza (della sua storia) possono metterlo a rischio.