
Liletta
Fornasari
Nel 1901 ad Arezzo si costituì, sotto la presidenza dell’allora giovane agronomo Federigo Arturo Massetani, un comitato popolare per erigere un ricordo al re Umberto I, ucciso a Monza il 29 luglio del 1900 dall’anarchico Gaetano Bresci. Facendo riferimento ad un saggio di Luca Berti in “Notizie di storia” del 1999,- in cui è bene illustrata la temperie politica e culturale della città con l’adesione agli ideali monarchici di una ristretta classe dirigente, -è importante ricordare che all’epoca ad Arezzo si votava per rinnovare il consiglio comunale, sciolto proprio dallo stesso re nel mese di febbraio. Fu il cavaliere Vittorio Ballauri, in qualità di commissario straordinario, a dovere prendere una serie di provvedimenti in segno di lutto. Si decise di mettere una lapide nella sala consiliare e si organizzò una commemorazione solenne al teatro Petrarca il 20 settembre, trentesimo anniversario di Porta Pia, oltre a partecipare in occasione del primo anniversario della morte del sovrano al pellegrinaggio nazionale a Roma.
Per il monumento l’incarico fu affidato a Pietro Guerri (1865-1936), scultore di Montevarchi, la cui lunga e fertile attività si è svolta tra Ottocento e Novecento, partecipando, come scrive Alfonso Panzetta (catalogo della mostra dedicata all’artista nel 1992), alla piena fioritura delle commissioni celebrative del Risorgimento e non solo. Molte furono le opere pubbliche da lui realizzate, tra le quali i numerosi monumenti di Garibaldi, primo tra tutti quello di Anghiari.
Il monumento aretino fu collocato-e si veda la Vita è bella-in Piazza Principe Amedeo, oggi della Badia, rispettando le indicazioni date da Umberto Tavanti, ingegnere comunale, che desiderava che fosse “con la fronte rivolta verso la linea della via”, da poco intitolata a Cavour (…) “alla metà della larghezza della piazza, in corrispondenza della loggetta della Posta”. Il busto in bronzo del sovrano, raffigurato in alta uniforme da generale e fuso nell’officina Vignali di Firenze, nonché alto un metro e venti, era posto su un basamento di travertino, uscito dalla cava dei Locatelli di Serre di Rapolano. Anteriormente era scolpito un trofeo, anch’esso in bronzo e composto dall’aquila sabauda, dalla bandiera tricolore, da una palma, da una ghirlanda di quercia e dagli stemmi civici di Arezzo, oltre alla dedica, “A Re Umberto I, 24 luglio 1904”.
Sulla cornice del basamento si vedeva il collare dell’Annunziata con il motto “Fert”. Una corona di bronzo circondava l’intero monumento. L’inaugurazione avvenne il 24 luglio del 1904, in occasione delle celebrazioni petrarchesche alla presenza di Vittorio Emanuele di Savoia- Aosta, conte di Torino e duca di Aosta. Il monumento fu distrutto di notte dai militi della Guardia nazionale repubblicana, durante il secondo conflitto, nel momento in cui la Repubblica Sociale si contrappose alla monarchia sabauda. Come scrive Luca Berti nel 2003, fornendo una dettagliata descrizione dei cimeli conservati nell’Archivio Storico del Comune, il busto, staccato dal corpo, fu raccolto e messo al sicuro da un signore di uomo Magi, che impedì che il bronzo scomparisse. Consegnati agli inglesi i due pezzi sono confluiti negli anni Ottanta in un magazzino del Palazzo Comunale, grazie al generale Aldo Donnini. Nel 1991 furono consegnati allora ricostituendo archivio storico.
Curioso notare che insieme ad Umberto I, nell’Archivio Storico del Comune è conservato anche il "Legionario" di Italo Ghiselli, già in piazza Corsica,-così chiamata per la rivendicazione fascista dell’isola tirrenica- detta anche di Poggio del Sole, davanti al Palazzo del Governo. Rimandando ad un contributo di Daniela Meli in “Notizie di storia” del 2001, la storia del monumento,- connessa alla costruzione del Palazzo su progetto di Giovanni Michelucci e alla sistemazione dell’area antistante, creando in asse un congiungimento tra le strade di Cenne della Chitarra e Fra Guittone e la scalinata della Prefettura-, è un altro capitolo interessante, tra quelli dimenticati.
Michelucci stesso suggerì al podestà Ludovico Occhini il nome di Griselli(1880-1958), artista all’epoca molto apprezzato, nonché autore nel 1907 dell’Allegoria della Toscana per l’attico del Monumento a Vittorio Emanuele a Roma. I termini dell’accordo sono documentati nell’epistolario tra il podestà e l’artista. Inizialmente pensato come un David, che avrebbe dovuto indossare un elmo,- inspirandosi al modello donatelliano- posizionandolo su un basamento alto due metro e trentacinque. La statua complessivamente doveva essere alta quattro metri e quarantacinque. Rispetto al progetto iniziale, l’opera di Griselli è priva di elmo e immediatamente la stampa definì che si trattasse del “Legionario fascista che schiaccia l’idra bolscevica”. Durante la guerra piazza Corsica fu molto bombardata e nel 1948 iniziò il cosiddetto ripristino su progetto dell’ingegnere Alberto Ceccherelli. Come segnalato dalla Meli, nel progetto non si fa menzione della rimozione del bronzo, forse già caduto a causa di uno spostamento di aria causato dall’esplosione di una bomba.
Per molti anni l’opera è rimasta abbandonata in un magazzino comunale, per essere poi trasferita nella sede attuale all’inizio degli anni Novanta. Nel 1975 al posto che era stato del Legionario fu collocato il bronzo di Bruno Giorgi dedicato alla Resistenza.
Distrutto è stato invece il monumento intitolato ad Aldo Roselli, giovane caduto fascista vittima dei fatti di Renzino, e posto nella cosiddetta “acropoli fascista”, difronte al Palazzo Pretorio. Iniziata nel 1935 su progetto di Giuseppe Castellucci e inaugurata nel 1936, l’arca Roselli fu impostata su modelli medievalisti, acquistando un valore simbolico anche per i caduti nelle campagne d’Africa in un clima di euforia, come scrivono Giovanni Galli e Mariella Dei nel 2002, per la conquista di Etiopa.