Icona del teatro e dello schermo, Pamela Villoresi è protagonista di una titanica produzione che porta sul palco del Petrarca il capolavoro di Tolstoj "Guerra e Pace" per la regia di Luca De Fusco. Per la prima volta dopo il debutto al Biondo di Palermo, che firma lo spettacolo, sarà stasera e domani ad Arezzo per il cartellone di Fondazione Toscana Spettacolo, Fondazione Guido d’Arezzo e Comune. In scena la grandiosa epopea che esplora l’animo umano tra realtà e invenzione romanzesca. Tolstoj dipinge un affresco della nobiltà russa sullo sfondo delle guerre napoleoniche. Pieno di riferimenti filosofici, scientifici e storici, l’adattamento teatrale unisce la forza della storicità alla precisione drammaturgica, tra proiezioni, apparizioni dal vivo e musica.
Villoresi, Guerra e Pace parla di temi tristemente attuali?
"Purtroppo si, il titolo è una scelta fatta col regista, quando è uscito dirigevo ancora il teatro Biondo. E’ un titolo obbligato visto la quotidianità del mondo che viviamo così compromesso da tutte le guerre. E’ una bellissima riflessione quella di Tolstoj, tanti giovani si lasciavano influenzare dal conquistatore Napoleone, lo combattevano e lo ammiravano. La guerra non è mai la soluzione. Ci sono molte riflessioni delle donne nello spettacolo, il mio personaggio ha battute straordinarie, ricorda che le donne non hanno mai desiderato la guerra".
Il suo personaggio è una sorta di narratore, rappresenta la madre terra?
"E’ il fil rouge tra le scene, fa un lavoro di ricucitura. Siamo andati di forbice nella narrazione o saremo stati a teatro 8 ore invece di 2. La storia è complessa, il mio personaggio rappresenta la forza femminile, è un po’ la madre terra. Sono la protagonista ma in scena ci sono tanti attori giovani e bravissimi, quasi uno spettacolo corale".
Quanto aiuta avere una scenografia come quella di Malatesta in un racconto così complesso?
"La scenografia è bellissima e complementare, Marta è geniale. Ci sono palazzi distrutti dalla guerra e accampamenti al fronte, riesce a essere essenziale, non ci sono cambi scena ma con luci e proiezioni siamo ogni volta in un altro posto e questo ci ha permesso di ottimizzare i tempi".
Ha collaborato con maestri come Strehler, Gassmann e Sorrentino, chi è quello che ha fatto la differenza nella sua carriera?
"Strehler è il mio padre teatrale ma a me piace camminare con la faccia girata in avanti. Ho progetti con due registi che adoro per le prossime stagioni: Valerio Binasco ed Emma Dante e sono molto felice perché sono due grandissimi che stimo da morire".
In passato ha parlato di molestie subite e opportunità perse, crede che per le donne fare l’attrice come altri mestieri sia più difficile?
"Siamo più avanti di molti paesi, non andiamo in giro vestite da sacchi di immondizia, abbiamo diritto a un’identità, a guidare e fare i nostri mestieri, ma la parità è ben lungi dall’essere raggiunta. Fino all’anno scorso eravamo 5 direttori di teatri pubblici, io sono stata la sesta nella storia della Repubblica a dirigere un teatro stabile, è una vergogna e da quest’anno saranno 2 sole donne. I numeri parlano: il potere gli uomini lo spartiscono tra loro, ma non dobbiamo mollare e tenere duro per le nostre figlie e nipoti".
Mai stata ad Arezzo?
"Sì e torno con infinito piacere, dopo quasi 6 anni in Sicilia, essere nella mia amata Toscana è una gioia".