FILIPPO BONI
Cronaca

La memoria risarcita dello scalpellino. Morto a Civitella: bonifico ai familiari. Stragi, il primo versamento agli eredi

Assegno da 800 mila euro. Metello fu trucidato con 243 compaesani: il nipote vince la guerra dei rimborsi. È l’avvocato Alboni, felice per il nonno. "È solo l’inizio, tutte le vittime meritano giustizia. E la Germania tace".

L’avvocato Roberto Alboni, nipote di una delle vittime della strage nazifascista

L’avvocato Roberto Alboni, nipote di una delle vittime della strage nazifascista

È solo un primo passo, ma l’impronta potrebbe fare epoca. Una di quelle che lasciano il segno e potrebbero riscrivere la storia dei risarcimenti alle famiglie delle vittime trucidate dai nazifascisti durante la seconda guerra mondiale. E che potrebbero influire su tutte le cause pendenti in attesa di sentenza in questo momento in Italia. Dopo una lunghissima attesa, segnata da battute d’arresto e ostacoli di ogni sorta, qualche giorno fa il ministero dell’economia e delle finanze, sulla base del decreto 36/2022 voluto dal Governo Draghi nel 2022, ha accreditato un indennizzo di 800mila euro in favore dei discendenti di Metello Ricciarini, trucidato insieme ad altri 243 cittadini inermi nella strage nazifascista di Civitella in Val di Chiana, di Cornia e di San Pancrazio di Bucine il 29 giugno 1944. Lì dove lo scorso 25 aprile il presidente della Repubblica Sergio Mattarella è stato in visita ufficiale in occasione dell’ottantesimo anniversario dei massacri. Metello ebbe più figlie. Tra loro, la più piccola venne al mondo proprio un mese dopo l’assassinio del padre e prese il suo nome, Metella. Ed è stato merito proprio del figlio di Metella, l’avvocato Roberto Alboni, nipote della vittima, se il procedimento legale si è innescato con un iter lunghissimo, addirittura avviato quindici anni fa da lui stesso. L’indennizzo in questione, infatti, è il coronamento di un’azione legale lunga decenni condotta da Alboni ed è il frutto di una sentenza penale definitiva emessa dalla Cassazione nel 2008, dopo condanne in primo e in secondo grado pronunciate nel 2006 e nel 2007 dal Tribunale Militare de La Spezia guidato dal Procuratore Marco De Paolis. Per oltre 15 anni la sentenza passata in giudicato è rimasta ineseguita. Adesso, finalmente, la svolta. E Alboni non è solo emozionato, ma commosso. "La mia prima iniziativa in tal senso risale ai primi mesi del 2005 e, nel tempo – ha scritto in una nota -, ha incontrato enormi ostacoli, poichè soggetti di varia natura, anche politica ed istituzionale, hanno manifestato a più riprese il proprio dissenso rispetto al coinvolgimento dello stato tedesco nei processi avviati nei confronti dei militari nazisti. Devo ringraziare i giudici che, nei tre gradi di giudizio, si sono occupati della vicenda in maniera illuminata. Vivo, però, questo risultato come un ulteriore punto di partenza affinché vengano riconosciuti i diritti di tutte le vittime di tutte le stragi nazifasciste. Confido che lo Stato italiano, a tutti i livelli, operi per giungere ad una definizione di tutte le richieste in corso e che la materia non costituisca terreno per contrapposizioni di tipo politico. Mi rammarico, infine, della costante, totale assenza dello stato tedesco rispetto alle pretese risarcitorie delle vittime delle stragi". Grande soddisfazione per il risultato conseguito è stata espressa anche da Dario Parrini, senatore toscano del Pd e vicepresidente della commissione Affari costituzionali del Senato, che da anni si batte per i risarcimenti alle famiglie delle vittime degli eccidi. "Per quanto significativa – ha detto Parrini -, la decisione è una goccia nel mare. Restano infatti aperti molti problemi: ci sono sentenze" simili e più recenti "che il Mef, nonostante il decreto 36, non ha ancora onorato", il ministero "sta opponendo una resistenza inspiegabile alla definizione di transazioni anche quando" si orienta in tal senso l’Avvocatura, la quale a sua volta "continua a contrastare con argomenti palesemente pretestuosi i numerosi ricorsi promossi in sede civile ai sensi del decreto 36 e, nella stragrande maggioranza dei casi, appella in maniera del tutto ingiustificata le sentenze favorevoli ai ricorrenti". Per le persone che attendono giustizia è "essenziale che la mobilitazione continui". Il nonno di Roberto Alboni, Metello, era uno scalpellino di cui oggi è rimasta solo una carta d’identità che non ebbe il tempo di ritirare in Comune. È in mostra al museo della memoria. E chissà se quella sentenza che lo riguarda, come era solito fare il suo protagonista con la pietra, ora scolpisca il corso di una nuova giustizia.