DORY D’ANZEO
Cronaca

"La mia giornata Covid nell’ambulatorio" Il medico di famiglia: "40 positivi da gestire"

Il dottor Giuseppe Borri racconta queste settimane di passione. "Telefonate fin dal primo mattino, ecco cosa mi chiedono gli aretini". Dodici ore di lavoro tra consigli, visite domiciliari e tanta burocrazia. "E meno male che la Casa della Salute funzione a meraviglia"

di Dory d’Anzeo

Telefonate già dal primo mattino, attività di ambulatorio, visite a domicilio. E poi certificati, carte da compilare. Tanta, tanta burocrazia. È la giornata tipo di un medico di famiglia di questi ultime settimane. E’ la giornata del Giuseppe Borri, uno dei medici con lo studio alla casa della salute: "La mattina si parte molto presto con le telefonate, che in questo periodo vertono quasi tutte sulla pandemia. Il telefono squilla continuamente, anche sabato e domenica. Le richieste sono le più varie, c’è chi ha già avuto una diagnosi e desidera delucidazioni sul percorso da intraprendere, chi è stato contatto di caso, chi ha avuto contatti indiretti. A volte per i cittadini non è così intuitivo sapere cosa fare e come comportarsi. Ci troviamo di fronte al fatto che tutta la gestione della situazione è complicata e, a tratti, inefficiente".

A volte, infatti, tardano ad arrivare i provvedimenti da parte dell’igiene pubblica, ed è difficoltoso il tracciamento dei contatti: "Il personale dell’igiene pubblica, così come quello delle Usca, non si risparmia. Ognuno lavora al massimo delle proprie possibilità, con i mezzi a disposizione". Nel caso di provvedimenti tardivi, tocca ancora ai medici di famiglia riempire i buchi: "Non ci possiamo sostituire al servizio di igiene pubblica, normalmente inviamo delle comunicazioni alle quali ci viene risposto nel giro di poco tempo, così che i provvedimenti vengano emessi. Poi ci sono situazioni che possiamo gestire in proprio".

Questa è, in pratica, la storia di tutti giorni in un ambulatorio medico dall’inizio di questa seconda ondata che, ormai è chiaro a tutti, si è presentata più complicata della prima: "Nel periodo tra febbraio e marzo – conferma Borri – avevo zero positivi. Adesso ne ho una quarantina, con tutto quel che ne consegue".

Una buona fetta della giornata passa dietro alle faccende burocratiche: "Senza dimenticare che dobbiamo essere anche costantemente aggiornati sulle disposizioni contenute nei dpcm e sui nostri servizi asl, per la gestione dell’epidemia".

Ad aggiungere lavoro a questo periodo già pieno c’è anche la campagna di vaccinazioni: "Gli anni passati dovevamo fare opera di persuasione, quest’anno non c’è stato bisogno, molti vengono spontaneamente a chiedere di essere vaccinati, quindi è un’altra campagna da seguire. Ci sono anche persone non deambulanti da vaccinare a domicilio".

Già, perché se il Covid è l’argomento principale, le altre patologie non sono andate in vacanza: "Chiaramente ai soggetti positivi o a rischio positività viene prima fatto tampone. I positivi vengono seguiti dalla Usca, gli altri continuiamo a seguirli negli ambulatori. Personalmente, sono fortunato a lavorare alla casa della salute che ha una struttura che funziona benissimo, un front office con tre persone, servizi infermieristici, una sala per il triage, uno spazio dedicato alle vaccinazioni su appuntamento. Per i colleghi che lavorano in zone più periferiche, e magari da soli, per gestire tutto questo non basta una giornata".

Sì perché dalle telefonate al mattino, all’attività di ambulatorio alle visite a domicilio, passano tranquillamente dodici ore: "E a volte non bastano – conferma Borri – perché il carico delle cose da fare è veramente importante". Probabilmente, poi, a breve ai medici di base spetterà anche fare tamponi e sierologici. Se non è un trincea, poco ci manca.