di Erika Pontini
e Fabrizio Paladino
Davide Pecorelli sarebbe stato a Valona almeno fino al 12 settembre sotto la falsa identità di Cristiano, scrittore italiano che aveva ambientato una sorta di remake del Conte di Montecristo di Dumas, alla ricerca del leggendario tesoro di San Mamiliano, su un’isola albanese. E non in un convento vicino a Medjugorie a pregare, come raccontato dall’imprenditore ai magistrati di Perugia che lo hanno sentito proprio lunedì, come persona informata sui fatti, in relazione alla sua scomparsa, denunciata dalla compagna nel gennaio scorso. Prima che la simulazione dell’auto bruciata vicino a Puke dallo stesso Pecorelli, insieme a frammenti di ossa rubati in un cimitero, facesse ipotizzare un omicidio commesso nell’ambito di un regolamento di conti.
Ricostruzione alla quale gli stessi inquirenti perugini avevano dato poco credibilità. Le bugie dell’ex arbitro di Arezzo, naufragato proprio venerdì scorso al largo di Montecristo, emergono grazie a un servizio mandato in onda dalla tv albanese ’Top Channel’ che mostra le foto di Pecorelli con alcuni amici nei locali di Valona e le testimonianze di chi, in questi mesi, aveva conosciuto il sedicente romanziere italiano.
Da Valona Pecorelli se ne va proprio il 12 settembre. Ufficialmente sarebbe dovuto rientrare in Italia per rinnovare alcuni documenti e assistere il padre malato. Proprio domenica 12 preleva con la carta di credito cointestata con la compagna albanese 500 euro in due tranche. E’ la prova che è tornato. Anche se gli investigatori della squadra mobile avevano già depositato in procura un’informativa in cui si dava conto della quasi certa esistenza in vita dell’imprenditore. Le testimonianze raccolte da ’Top Channel’ sono chiare: Davide da marzo si trovava alla periferia di Valona e abitava in un appartamento preso in affitto a cento metri dal mare. Frequentava il ristorante "Lenzi", faceva attività fisica sulla spiaggia e intratteneva relazione. Insomma la dolce vita.
Durante il suo lungo soggiorno sarebbe diventato amico del proprietario del locale e di altre persone tra cui un ex calciatore del Valona. Le foto parlano chiaro: momenti di divertimento, tra un brindisi e l’altro, l’imprenditore scomparso da gennaio ha i capelli lunghi e la barba. A quanto pare restava per buona parte della giornata nei bar, ristoranti e spiagge a ridosso del mare. Tutto tra lunghe conversazioni con gli amici ai quali aveva detto che stava scrivendo una storia sul conte di Montecristo situato sull’isola di Sazan.
Le persone che ha frequentato a Valona hanno dimostrato che l’ultima comunicazione che hanno avuto con lui è stata quella del 12 settembre, quando Davide-Cristiano (al Giglio invece si faceva chiamare Giuseppe Mundo, di professione geologo), stava fotografando dei documenti. Dopo questa data, tutti hanno appreso di aver convissuto con l’italiano scomparso da tempo quando hanno visto le foto nei media albanesi.
Adesso la procura diretta da Raffaele Cantone ha intenzione di chiudere il caso non avendo ravvisato alcun reato. Stralci del suo verbale saranno però inviati sia alla procura di Grosseto che già indaga sulla sostituzione di persona dopo aver trovato in albergo al Giglio il documento con la foto di Pecorelli e un altro nominativo, sia all’autorità giudiziaria albanese per i reati di simulazione di reato e furto ammessi dallo stesso imprenditore. C’è poi il fascicolo avviato per bancarotta dalla procura di Arezzo in relazione al crac di una delle società facenti capo allo stesso Pecorelli. "Sono scomparso a causa dei debiti", è stata la giustificazione offerta dall’imprenditore al procuratore Cantone e all’Aggiunto Giuseppe Petrazzini. Spetterà ora eventualmente a Grosseto – e forse anche Livorno – indagare sul fantomatico ritrovamento di monete d’oro di cui ha parlato Pecorelli.
E’ il tesoro della leggenda narrato da Dumas e realmente trovato, ma nel 2004, nel borgo etrusco e medievale di Sovana di Sorano, in provincia di Grosseto.
Che adesso sembra difficile possa essere ricomparso.
Resta sullo sfondo la storia teatrale e un’amara verità: Pecorelli potrebbe aver tentato la fortuna oltremare dopo i crac in Italia. Di certo è che non ce l’ha fatta. E anche per incassare eventualmente l’assicurazione gli sarebbe servito un certificato di morte. Ma la polizia ha subito capito che il delitto era finto e Pecorelli vivo.