AREZZODa un euro a un euro e 40 centesimi. La tazzina di caffè in città oscilla tra un minimo e un massimo non troppo lontani, in una forbice che però si allarga un pezzetto per volta allo scattare di nuovi rincari. Materie prime, costi energetici e di trasporto. Il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni dà le misure per capire gli aumenti del prezzo del caffè al banco in città. "Sul prezzo della tazzina del caffè c’è un’attenzione a mio giudizio eccessiva- commenta Marinoni -. Fin dal dopoguerra il caffè e il prezzo dei quotidiani sono sempre andati di pari passo. Ora che anche il prezzo del giornale è cresciuto ci scandalizziamo per una tazzina a 1 euro e 50? Il dato da cui partire è quello per cui, stando ai prezzi di materie prime e voci accessorie per la gestione delle attività, la tazzina di caffè, sotto i due euro, è pagata sottocosto. Dobbiamo considerare che sulla singola tazzina incidono 31 voci di costo, di cui alcune sono schizzate in alto nel passato più recente". Il prezzo dell’arabica, ai suoi massimi dopo un aumento che si aggira intorno al 75%, è solo una fetta della grande torta di aumenti dei costi di gestione dei locali stessi. "Fin ora gli esercenti hanno ammortizzato i costi di tasca propria pur di non scaricarli sul consumatore aumentando il prezzo. Chi si concentra solo sui 7 grammi di polvere di caffè che servono per ogni tazzina e che costano circa 15 centesimi non considera tutti gli altri fattori che mettono insieme il servizio fornito dal bar". Una lunga lista che, oltre a quei sette grammi di materia prima, considera altre voci di costo "Come l’affitto, il caldo in inverno e il fresco d’estate, l’igiene e sicurezza, il personale e molto altro ancora: le tasse, la nettezza urbana, le imposte sulle insegne e per l’eventuale occupazione del suolo pubblico con i dehor. I costi energetici, poi, sono molto alti: si va dai 1.200 ai 2.500 euro al mese in funzione della dimensione del bar e della mole di attività. E, ancora, vanno considerate le spese per zucchero, stoviglie, pulizie di attrezzature e locali" continua Marinoni. Tra chi sceglie di alzare i prezzi e chi di mantenerli intatti si tratta di una questione di scelte e di esigenze commerciali diverse. "ll caffè non può costare la stessa cifra dappertutto. Dipende dal tipo di prodotto che si sceglie di offrire e soprattutto dal tipo di locale. Un’attività a conduzione familiare in periferia non offrirà gli stessi prezzi di una con 5 o 6 dipendenti nel centro storico". L’aumento dei prezzi non dovrebbe comunque, secondo il direttore di Confcommercio, scoraggiare gli avventori. "A Berlino, Parigi, Londra o New York il caffè, che non sempre è all’altezza del nostro espresso, ha costi ben maggiori di quelli italiani, eppure da noi ci si scandalizza. L’attenzione sociale su un bene così popolare è molto elevata. E’ anche per questo motivo che molti continuano a proporlo a un prezzo politico".Serena Convertino
CronacaLa pausa caffè è sempre più cara. Il prezzo sale ma i clienti restano. Marinoni: "Costi di produzione alti"