CLAUDIO
Cronaca

La rinascita dell’anno Mille. Il monaco e il vescovo che cambiarono la musica

Guido d’Arezzo e Teodaldo furono protagonisti di un periodo pieno di trasformazioni: dalla fondazione dell’eremo di Camaldoli alla nascita del tetragramma e delle note.

La rinascita dell’anno Mille. Il monaco e il vescovo che cambiarono la musica

Santori

Non tutti sanno che Arezzo è stata una grande potenza politica, industriale e militare per tutta l’epoca etrusca (con Cortona e Perugia) e per quella romana: fino al II secolo d.C. aveva davanti a sé soltanto Roma e Capua: ne fa fede, non foss’altro l’Anfiteatro che poteva contenere 10mila spettatori, inferiore al Colosseo di soli cinque o sei metri in lungo e in largo. Lentamente decaduta, è tornata in auge intorno all’anno Mille, quando parve potersi ergere contro Lucca e Firenze, per raggiungere una posizione di tutto rispetto sul finire del XII secolo come libero comune la cui nascita è accreditata al 1098. E appunto per scavare a fondo in tutti gli aspetti storici, artistici, musicali, sociali ed economici dell’Arezzo dell’XI secolo sono stati chiamati sedici tra i migliori specialisti di quest’epoca storica, i quali daranno vita, domani e martedì, a una due giorni culturale di grande livello.

Arezzo è una città che si studia moltissimo addosso con articoli, saggi e monografie di argomento artistico, musicale, storico e socio-culturale. Fra le realtà più attive spicca l’Accademia Petrarca che è venuta intensificando da qualche decennio a questa parte l’organizzazione di conferenze e convegni, anche di livello internazionale. Si è appena concluso il convegno dedicato ad Antonio Cesti - aretino doc e uno dei massimi compositori di melodrammi di tutti i tempi - ed è già in programma appunto per domani con proseguimento martedì, un grande convegno internazionale, organizzato da Pierluigi Licciardello e Cecilia Luzzi con la collaborazione del Centro Studi Guidoniani della Fondazione Guido d’Arezzo, imperniato sulle figure emblematiche del monaco Guido e del vescovo Teodaldo, personaggio quest’ultimo sul quale non si è ancora indagato abbastanza. Fu vescovo di Arezzo dal 1023 al 1032: corre dunque il millenario della sua nomina e questa circostanza ha fornito l’occasione per il convegno, che si svolgerà dalle 9.30 alle 18 di domani e martedì a ingresso libero nel Palazzo Vescovile di piazza del Duomo (trasmesso anche in streaming sul canale web della Fondazione Guido d’Arezzo).

Il suo decennio alla guida della diocesi aretina fu ricchissimo di eventi da lui promossi, dalla consacrazione del Duomo Vecchio sul Pionta alla riforma del clero e dei monasteri; dalla fondazione dell’eremo di Camaldoli, alla chiamata di Guido Monaco ad insegnare ai fanciulli cantori di San Donato: aveva intuito la portata delle innovazioni musicali che avevano suscitato a Pomposa l’astiosa invidia dei confratelli.

È avvenuto così che Guido proprio ad Arezzo abbia messo a punto quel metodo di canto, basato sul rigo (tetragramma), che ha aperto la strada allo sviluppo della musica occidentale perché da quel momento è stato possibile per un cantore intonare un canto sconosciuto: prima, per secoli, per apprendere un canto bisognava ascoltarlo da un altro cantore che lo conoscesse, con enorme perdita di tempo e con l’imprecisione della memoria a petto del documento scritto. Domani mattina si parlerà del ruolo dei vescovi nella chiesa del tempo e di Teodaldo nella tradizione camaldolese nonché delle raffigurazioni artistiche del complesso vescovile aretino giunte fino a noi, anche se si annunciano di particolare interesse, nel pomeriggio, la ricognizione degli scavi archeologici alla cittadella del Pionta e l’analisi delle relative tracce documentarie e iconografiche in età moderna. Martedì sarà il giorno del monaco Guido. In mattinata, dopo l’apertura con l’analisi del culto dei santi nell’Arezzo dell’XI secolo, sarà affrontato il tema cruciale della notazione musicale di area romana e beneventana dal IX secolo al Mille, con l’epocale passaggio, grazie appunto alla genialità di Guido, dalla memoria al segno. C’è grande attesa anche per l’annunciata analisi di frammenti liturgico-musicali aretini dell’XI secolo Un aspetto di particolare interesse, poco trattato e meno conosciuto, è la lotta di Guido contro la simonia: sarà esaminata la lettera "Fraternae mortis crimen" (nota anche come "Epistola all’arcivescovo di Milano", da identificare con Ariberto d’Intimiano) ormai definitivamente, attribuita a Guido. L’aspetto più clamoroso del ritratto settecentesco sconosciuto di Guido Monaco, scoperto negli scantinati della chiesa di Badia e restaurato a cura del Rotary Club Arezzo è la scritta che il restauro appunto ha portato alla luce: "Haeresis berengarianae acerrimus pugnator inter malleos aereticorum monasticos iure accensetur" (inflessibile a combattere l’eresia di Berengario sarà annoverato fra i martelli monastici degli eretici): l’anonimo autore del dipinto opera nel solco della tradizione che vedeva in Guido, oltre che il geniale “notarum musicalium inventor” anche il “martello degli eretici” ed opera sulla base di informazioni precise perché Guido impugna un pastorale abatizio: fu infatti per qualche tempo abate di Pomposa, sia pure “suffectus”. Il convegno è una macchina del tempo: permetterà di sprofondare in apnea per due giorni nell’XI secolo della nostra città.