di Diego D’Ippolito
"Ad Arezzo non c’era una scuola di elettronica e allora con Luciano tutte le mattine prendevamo il trenino per andare a Bibbiena. Di tempo per parlare e confrontarsi durante il tragitto ne avevamo a volontà". Daniele Conti e Luciano Secciani sono i fondatori della Seco che da oltre quarant’anni opera nel mercato dell’alta tecnologia, progettando, sviluppando e producendo soluzioni tecnologiche proprietarie all’avanguardia per clienti industriali. Una delle prime aziende del settore al mondo, sbarcata in borsa da un anno, in uno dei segmenti più prestigiosi: lo Star.
Conti, una passione e una amicizia che nasce tra i banchi di scuola...
"Con Secciani ci siamo conosciuti durante le superiori e alla fine del percorso, ottenuto il diploma, abbiamo fatto un primo lavoretto insieme per una piccola azienda aretina che sviluppava videogiochi. Ci siamo rimasti per poco tempo.
E poi?
"Siamo stati chiamati per il servizio militare e nel piazzale della caserma parlavamo del nostro futuro: proseguire gli studi o inventarci qualcosa? Avevamo le più svariate fantasie, tra queste aprire un laboratorio di elettronica".
E lo avete fatto...
"Abbiamo aperto la partita Iva durante il servizio di leva: alla fine degli anni 70. Abbiamo preso un garage in affitto in via Sicilia, lo abbiamo ridipinto e montato un banco da lavoro. Tutto questo grazie ai nostri genitori che ci avevano prestato tre milioni di lire, ma dopo qualche mese i soldi erano finiti e con un po’ di coraggio siamo andati alla fiera Smau di Milano. Lì abbiamo cominciato a farci conoscere e a lavorare su applicazione per il settore orafo".
Avevate già qualcosa di concreto da proporre al mercato?
" In mano non avevamo nulla, ma molta fantasia, proponevamo soluzioni sulla carta. Abbiamo preso qualche primo piccolo ordine, dalle aziende di galvanica, ma la fantasia ci spingeva a fare altro ed è in quel momento che ci siamo spinti oltre, fino alla realizzazione di un personal computer: il Seco System 210". Interamente prodotto da voi? "Tutto, compresa ovviamente la scheda elettronica. Erano gli anni in cui nel mondo a farlo c’erano i grandi colossi come Apple, Olivetti, Ibm e poi i produttori taiwanesi".
Che mercato avevano i vostri Pc?
"Intanto abbiamo iniziato a presentarlo alle fiere, poi a venderne alcune centinaia in ambito locale come ad esempio nelle scuole. Ce ne dovrebbe essere ancora qualcuno nei magazzini di qualche scuola aretina".
Resistere alla concorrenza della produzione industriale non deve essere stato semplice...
"Quando ci siamo accorti che produrre un oggetto in grandi quantità stava diventando complicato, abbiamo deciso di convertire la nostra produzione. Arriva così l’idea di trasferire l’esperienza acquisita con il Pc nel contesto industriale: nasce così il primo computer industriale in formato Eurocard del pianeta".
Ma non abbandonate l’idea di produrre computer per tutti.. "Nel 1999 viene presentato Ellipse, il primo Pc touch all-in-one pensato per sviluppare, creare e testare prototipi di prodotti. Si chiudono gli anni 90 con una SECO in forte sviluppo...
" Producevamo schede per l’industria, computer, ma poi con la creazione di moduli già assemblati in forma miniaturizzata abbiamo dato vita ad un prodotto, il Qseven che è uno standard mondiale. Da quel momento ci siamo dedicati ai microcomputer per il mercato industriale come prima attività".
Cosa vi ha fatto conoscere definitivamente al grande pubblico?
"Tra le altre cose sicuramente ha contribuito nel 2013 la produzione di Udoo un pc open-source rivolto al mondo degli artigiani digitali e professional developer".
Quando vi siete resi conto di non essere più un’azienda a conduzione familiare?
"Nel 2015 è iniziato un percorso che non si è ancora concluso. Il primo passaggio è stato quello di fare entrare un fondo italiano di investimento tecnologico nel 2018 che ci ha permesso di fare investimenti internazionali. Poi Abbiamo pensato a una nuova organizzazione dell’azienda che ci ha fatto crescere anno dopo anno fino alla quotazione nel 2021, un passaggio fondamentale che ci ha permesso di acquisire un’azienda cinese e farla crescere. Il contrario di quanto succede abitualmente.Poi abbiamo acquisito un’azienda americana e qualche mese fa una tedesca, espandendo a livello mondiale la nostra rete. Il gruppo si proietta verso i 200 milioni di euro di fatturato ed è tra i primi 5 a livello mondiale per produzione di computer per uso industriale. Diamo lavoro a 400 famiglie e vorremmo lasciare l’azienda forte, robusta e con la sua sede centrale nella città che ne ha visto la nascita".
Come siete stati percepiti da Arezzo in questi anni?
"Siamo stati una azienda sempre un po’ ai margini, ci conoscevano in pochi, oggi invece siamo una realtà che fa sentire il suo peso in città. Stiamo pensando di donare ad Arezzo qualcosa di davvero importante, ma non voglio svelarlo ora".