LAURA LUCENTE
Cronaca

La sfida di Benedetto Baracchi "nel segno di papà"

Tradizione di famiglia: ha raccolto il testimone di Riccardo, patron del Falconiere e al suo piccolo Alessandro ha già insegnato a vendemmiare

di Laura Lucente

L’esperienza non gli manca, nemmeno la passione e quella giusta dose di "follia visionaria" imprenditoriale. Dopo la morte improvvisa e prematura di babbo Riccardo, è Benedetto ad aver preso le redini dell’azienda di famiglia: il Relais a 5 stelle Il Falconiere, la Bottega Baracchi nel centro storico della città, la Locanda del Mulino a Montanare di Cortona e la cantina Baracchi Winery. Al suo fianco c’è sempre mamma Silvia, l’anima creativa della cucina, stella Michelin da oltre 20 anni. Insieme guidano un progetto imprenditoriale che, a regime, dà lavoro ad almeno 70 persone.

Sono trascorsi appena 4 mesi dalla morte di suo padre Riccardo. Che vuoto ha lasciato?

"È ancora difficile metabolizzare la sua assenza. Era un vulcano in azienda, non era facile stare al suo passo. Lavoravamo fianco a fianco già da 20 anni. Mi ha insegnato molto".

Prima si occupava principalmente del lato commerciale dell’azienda vinicola. Oggi si trova ad essere il capofamiglia. Con quale spirito?

"Raccolgo con onore il testimone lasciato da mio padre. Anche grazie a lui abbiamo creato in questi anni una squadra di professionisti che hanno sposato a pieno la nostra filosofia di ospitalità e cura della terra. Guardo al futuro con ottimismo e fiducia, insieme a mia madre con cui condivido ogni progetto". Trent’anni dopo il Falconiere è un piccolo universo di charme: personaggi come Hopkins o Clooney ormai sono di casa. Qual è il vostro segreto?

"Il nostro è prima di tutto un progetto di vita e accoglienza. Ogni giorno, manteniamo vivi e tuteliamo i segreti del nostro piccolo angolo di Toscana e i nostri clienti ci premiano anche per questo. Non smettiamo mai di investire in qualità. Ci impegniamo costantemente nella ricerca dei migliori prodotti a chilometro zero, o a ‘chilometro vero’, come piace ricordare a mia mamma Silvia. Persino nella Spa ci siamo specializzati in vinoterapia. Qui molti dei prodotti utilizzati sono creati estraendo i principi naturali dalle bucce della nostra uva".

Anche la passione per il vino ha radici lontane?

"Facciamo vino da sempre. Anche il mio trisavolo a metà del 1800 nel podere agricolo di famiglia, poi diventato il Relais Il Falconiere, ne produceva. Fino agli anni ’60, però, era strettamente ad uso familiare. La svolta commerciale è merito di mio padre Riccardo e arriva negli anni ’80, spiccando il volo nel 2000. Produrre vino è stata un’evoluzione naturale della nostra vita gastronomica. Da piccolissimi produttori nel 1998 siamo partiti con una superficie vittata di circa 3 ettari e una produzione di meno di 8000 mila bottiglie all’anno. Oggi coltiviamo 33 ettari di vigneto (gli ultimi 2 ettari e mezzo sono stati impiantati a gennaio 2022) e le bottiglie in commercio sono 160 mila con ben 15 etichette diverse". La Cantina Baracchi ha saputo battere sul tempo altre aziende...Bollono in pentola altri progetti?

"Siamo stati i primi in Italia ad avere l’intuizione di usare vini autoctoni come il sangiovese ed il trebbiano per dare vita a spumanti metodo classico, diventando modello per molte altre società. Abbiamo prodotto il ‘sangiovesone’ che è un po’ come un Amarone fatto però con il pregiato vitigno toscano. Senza contare il nostro grande impegno con il Syrah che abbiamo contribuito anche noi a far crescere in questo territorio. Continueremo convintamente a produrre i nostri cavalli di battaglia che hanno fatto la storia della nostra azienda vinicola. Parallelamente, sto portando personalmente avanti la trasformazione della nostra produzione in biologica. Un percorso complesso che prenderà il via già dal prossimo anno. Vorrei mettere a frutto anche la mia esperienza in giro per il mondo puntando a produrre vini che accontentino sempre di più i palati internazionali. In collaborazione con l’amico Francesco Gamurrini stiamo per mettere in commercio anche un Gin, affinato sulle nostre barrique e un Vemouth fatto con i nostri vini".

Mercati esteri, quali sono quelli di riferimento?

"Il nostro business è a macchia di leopardo. Gli Stati Uniti restano il nostro punto di riferimento commerciale più importante con almeno il 40% di esportazione. Anche in Europa possiamo dire la nostra, soprattutto nei mercati di Belgio, Olanda, Germania, Danimarca e parte della Francia. Anche in Russia fino ad ora abbiamo lavorato molto bene. Proprio tre giorni prima dello scoppio della guerra avevo spedito un ultimo importante carico di vino. Ci difendiamo anche nei mercati asiatici, tra cui il Giappone e abbiamo messo radici anche in Cina".

E il mercato italiano?

"È sempre vivace, anche se più faticoso di quello estero, perché la concorrenza è forte. Ci stiamo allargando in diverse regioni, dal Lazio alla Liguria, alla Lombardia fino al Piemonte". Sta per ripartire la stagione turistica, la prima dopo due anni, anche senza limitazioni legate al Covid. Che sentori avete?

"Ottimi. Abbiamo riaperto già la Locanda del Mulino. Venerdì si spalancheranno anche le porte del Relais che quest’anno si arricchisce anche di una struttura esterna in grado di ospitare ricevimenti più numerosi. Sabato abbiamo già il primo matrimonio. Le prenotazioni turistiche stanno già arrivando sia per la primavera che per l’estate e anche dall’estero. Qualche incertezza legata anche ai recenti venti di guerra la percepiamo, ma a momento non influisce significativamente".

Ha scelto di condividere con suo figlio la passione per l’agricoltura e l’ospitalità che muove la sua famiglia da generazioni?

"Oggi Alessandro Riccardo ha 7 anni, ma noto già un certo interesse. Ha già fatto la sua prima vendemmia, mi segue in cantina e mi chiede spesso informazioni. Se il buongiorno si vede dal mattino sono certo che non tradirà le tradizioni della famiglia Baracchi".