REDAZIONE AREZZO

La tradizione pasquale resiste con la "panina"

Niccolò Barbagli, esponente della quinta generazione di fornai, spiega la ricetta

Si chiama "panina" ed è una specialità della tradizione pasquale in Valtiberina.

Viene prodotta con successo anche da altri panifici, ma particolare è quella che si prepara a Pieve Santo Stefano: "Oltre a essere artigianale, la nostra è espressione di un’antica ricetta del posto, per cui di fatto è unica", afferma Niccolò Barbagli (nella foto), esponente della quinta generazione di una famiglia che in paese ha un forno avviato da oltre 120 anni, quindi eravamo ancora nel XIX secolo quando l’attività ha preso il via.

"Rispettiamo da sempre i dettami delle bisnonne Fatalcina e Letizia, poi di mio nonno Aldo e, a seguire, di mio padre Andrea e dello zio Silvio – spiega Niccolò Barbagli – per cui il filone di panina conserva le prerogative di pietanza avente una estrazione ‘povera’ con impasto di pane, uva appassita e strutto di maiale".

"Qui a Pieve, la colazione del giorno di Pasqua consiste nel mangiare l’uovo sodo benedetto con le fette di panina, assaggiando poi 13 acini di uvetta. I due ingredienti introdotti a suo tempo da mio nonno, sale e pepe – ecco la novità che sottolinea lo stesso Barbagli – hanno creato un gusto a metà fra il dolce e il salato ed è proprio questo contrasto fra uvetta e pepe a decretare il suo eccezionale appezzamento".

C’è quindi da immaginare che sia stata per voi una settimana di intenso lavoro.

"Sì, perché dai centri limitrofi della vallata sono arrivate numerose richieste – conclude Niccolò – che siamo stati ben contenti di esaudire, continuando nel frattempo a tenere in vita una delle nostre particolari tipicità culinarie".

C.R.