
Il 20 settembre del 2019 i due dipendenti dell’archiviodi Arezzo vennero investiti da una nube di Argon
Quattrocentosettamila euro di risarcimento. È la richiesta fatta dalle famiglie di Piero Bruni e Filippo Bagni, le due vittime della tragedia dell’archivio di Stato. Il 20 settembre del 2019 i due dipendenti dell’archivio di Arezzo vennero investiti da una nube di Argon mentre erano corsi a controllare un allarme che era scattato. L’inalazione del gas fu letale per entrambi.
A questi sette anni il procedimento è arrivato al giro di boa, dopo la requisitoria della pm Laura Taddei, ieri è stata la volta delle parti civili rappresentante in aula dall’avvocato Piero Melani Graverini e Luca Fanfani per la famiglia Bruni; e Riccardo Gilardoni per la vedova di Bagni. Nelle loro conclusioni i legali hanno fatto eco alle richieste della procura auspicando tutti che venga finalmente fatta giustizia per quella che è stata una delle pagine più crude della storia recente della città.
"La somma di tutte le inadempienza, di assoluta e comprovata evidenza, che nell’obbligatorietà imposta dal legislatore, avrebbe dovuto garantire un presidio di sicurezza antincendio continuo e automatico al servizio di tutti i lavoratori e degli udenti, è stato trasformato dall’incuria, dalla superficialità, dalla negligenza imperizia e imprudenza, nonché da omissioni forse non colpose, in un impianto tanto inutile per la prevenzione incendi quanto pericoloso per l’incolumità delle persone", quanto sintetizzano l’avvocato Graverini e Fanfani nella memoria depositata ieri. Nelle conclusioni c’è anche la richiesta di risarcimento: 100mila euro per la moglie e altrettanti per i due figli di Piero Bruni, più altri 70mila per la sorella. Allo stesso modo, 100mila euro, per la vedova di Filippo Bagni. In totale sono 470mila euro, ma nulla in confronto alla sofferenza patita in questi anni dai familiari delle vittime che a quasi sette anni dalla tragedia ancora non hanno visto uscire una sentenza dal palazzo di Giustizia.
Certo però, ormai ci siamo. I più fiduciosi dicono ad aprile, ma comunque sia non si dovrebbe slittare oltre maggio. Con la requisitoria della pubblico ministero Laura Taddei, due settimane fa, è stato aperto l’ultimo atto della storia. La procura ha chiesto la condanna per dieci degli undici imputati del procedimento. A ciascuno di loro sono state riconosciute le attenuanti generiche e richieste pene inferiori a due anni. Nell’elenco ci sono e l’allora direttore dell’archivio Claudio Saviotti, così come la dirigente che l’aveva preceduto Antonella D’Agostino. Per loro la richiesta è stata di un anno e otto mesi. Stessa richiesta per l’allora capo dei vigili del fuoco Antonio Zumbo. Adesso la parola spetterà agli avvocati degli imputati per la loro arringa difensiva. Poi, se non ci saranno repliche, dritti alla sentenza.