LUCIA BIGOZZI
Cronaca

La trincea della povertà. Diecimila chiedono aiuto. In duemila seguiti fissi. Donne in maggioranza

Uno su 3 è aretino: il report della Caritas conferma i contorni dell’altra Arezzo "Apriamo gli occhi su chi soffre": appello del vescovo a fedeli e istituzioni .

Due gambe, una persona sola. O tante, tutte insieme, come le nuove (e vecchie) povertà che non cambiano mai d’abito. "L’abitop" della prima gamba è lacero, il piede semicoperto da un sandalo ormai consumato dal tempo, l’usura, chilometri di strada e solitudine. "L’abito" della seconda gamba veste un pantalone nero con la piega, impeccabile su una scarpa di vernice. Sono le gambe sulle quali camminano tante persone che non hanno un soldo e un posto dove stare ma pure quelle che hanno un lavoro eppure non ce la fanno a tirare a fine mese. Una persona tante persone nella immagine (molto efficace) che sintetizza il lavoro della Caritas diocesana. E richiama tutti a dare un a mano a chi sta peggio. "È importante che la comunità cristiana sia vigile, attenta e capace di osservare", è la sollecitazione del vescovo Andrea Migliavacca. "Questo rapporto sulla povertà esprime l’attenzione della Chiesa verso la società nel cogliere e segnalare le situazioni di disagio, bisogno, emarginazione e povertà che ci attraversano. Si tratta di un servizio importante che riteniamo di fare anche alla comunità civile ed è come un segno, perché tutti possiamo diventare attenti a cogliere questi segnali di bisogno che chiedono attenzione". Nessuno può voltare la testa dall’altra parte.

Anno 2023, Mutanti: è il titolo del Rapporto 2024. Dietro ai numeri ci sono storie complicate, intrise di dolore e fragilità. Storie di uomini e di donne, di aretini e migranti. Storie di chi da solo non ce la fa e cerca un "porto sicuro", un punto di riferimento per superare un tornante della vita e ripartire. Persone e bisogni ai quali gli operatori e volontari della Caritas tendono una mano cercando di innescare vie d’uscita per superare lo stato di necessità. Il "metodo": non ci si limita a offrire "beni, servizi e men che meno, denaro". È un lavoro delicato che "richiede grande professionalità e motivazione, guidato sempre dalla carità evangelica e che spesso si trova a fare i conti anche con inadeguatezze di alcuni servizi in capo a vari Enti e problematiche strutturali dove non sempre le istituzioni preposte riescono a essere efficaci", osservano gli esperti della Caritas che nel Rapporto annuale fotografano la realtà aretina e il piano inclinato sul quale molte famiglie stanno scivolando. I numeri, raccontano cosa accade.

Nel 2023 sono state 2.105 le persone che hanno avuto accesso ai servizi della Caritas nei centri diocesani e nelle 35 sedi parrocchiali distribuite sul vasto territorio della Diocesi. Ma sono stati 9.203 i contatti visivi e telefonici avuti nel corso dell’anno dal Front Office: in altre parole, richieste di aiuto. Rispetto all’anno precedente il quadro non cambia ma i dati che emergono in maniera evidente sono sostanzialmente due. Il primo: cresce il numero di aretini che bussano alla porta della Caritas e ormai hanno superato le persone che arrivano da altri Paesi.

Il Rapporto "conferma la forte presenza di italiani che con il 33% rappresentano la maggioranza relativa di quanti si rivolgono agli sportelli Caritas (36,7% nel Cda diocesano), seguite dalle nazionalità di Marocco (13,2%), Romania (9,8%), Albania (6,9%), Bangladesh e Nigeria (5,5%). La distinzione per fasce d’età è abbastanza omogenea, anche se "ciascuna rappresenta spaccati su cui riflettere: i giovani fragili, adulti che necessitano di un supporto, anziani, spesso soli, che si ritrovano senza rete di protezione sociale". Sono le donne le più esposte: rappresentano il 55,4% del totale. Sono per lo più sposate (48%) e si fanno avanti per tenere in piedi le proprie famiglie. Varcano la soglia della Caritas con coraggio. E non si arrendono.