
Ciao Artemisia, da dove nasce la tua passione per l’arte?
"Fin da piccola osservavo mio padre Orazio mentre lavorava nella sua bottega. Così ho avuto l’opportunità di imparare le basi del mestiere di pittore. Mi ha insegnato come preparare i materiali utilizzati per la realizzazione dei dipinti, la macinazione e l’impasto dei colori".
C’è stato un episodio che ha sconvolto la tua vita?
"Mio padre mi mandò a bottega presso un suo amico, il pittore Agostino Tassi, che diventò il mio maestro. Nel 1611 Tassi, approfittando dell’assenza di mio padre, abusò di me segnando per sempre la mia vita….".
La violenza e il successivo processo hanno condizionato la tua arte e la tua vita?
"Ci fu un processo che affrontai con una notevole dose di coraggio, in cui Tassi fu condannato. Per salvare la mia reputazione fui costretta a sposarmi con un uomo che non amavo scelto da mio padre e fuggire da Roma. A Firenze ebbi il mio riscatto: venni accolta all’Accademia delle Arti e del Disegno e frequentai personaggi del calibro di Galilei. Ho realizzato dipinti di ogni genere e con il mio celeberrimo "Giuditta e Oloferne" ho espresso la rabbia per la violenza subita, attraverso la forza con la quale l’eroina biblica decapita il malvagio, liberando il suo popolo".