di Liletta Fornasari
Nella sua Naturalis Historia Plinio il Vecchio attribuisce la nascita dell’arte del disegno ad una donna di Corinto, Kora o Callirhoe, figlia di un vasaio. Essendo in pena per la morte del compagno, ritrasse il profilo dell’amante proiettato dal fuoco come ombra su un muro. In pittura, così come nell’arte in generale, la donna è per natura un prodigio. Da Plinio a Boccaccio a Vasari, molte sono le donne artiste citate e apprezzate dagli artisti uomini e da committenti prestigiosi. Nella sua Idria, oggi in collezione privata a Milano, un pittore attico rappresenta una bottega di ceramiche in cui una donna sta dipingendo un vaso.
Nelle Terre Basse, oggi Paesi Bassi, le donne erano presenti nelle corporazioni di artigiani e di artisti già nel Quattrocento. Oltre alla celeberrima Artemisia Gentileschi o alla sfortunata Frida Kahlo, la lista di donne artiste nei secoli, dall’antichità ai tempi nostri, donne che vivevano del proprio genio, è lunghissima, centinaia di personalità, in ogni epoca, compreso il Medioevo. Studi recenti hanno riportato alla luce una sorprendente "presenza" femminile nell’arte, una realtà eclettica, "più viva" di quanto si fosse immaginato, anche le donne hanno avuto un ruolo e codificato modelli, sebbene in moltissimi casi costrette a lavorare sotto l’egida di un padre, di un fratello o di un marito artista, che qualche volta veniva poi lasciato, mantenendone per utilità il cognome, come nel caso di Adelaide Labille Guiard(1749-1803).
Anche ad Arezzo hanno vissuto e lavorato donne artiste documentate almeno dalla fine del Seicento.
La nostra ricerca, che poi sarà pubblicata completa nel Bollettino degli Amici dei Monumenti, ha inizio con Maria Maddalena Franchi detta d’Arezzo da Antonio Albergotti nel suo manoscritto ottocentesco Notizie Istoriche di più uomini celebri per virtù e talenti della città di Arezzo e suo comitato. La sua firma è visibile in un Ultima Cena, oggi conservata nel Seminario, ma dipinta per volere del vescovo Neri Corsini nella chiesa dei Santi Michele e Lucia di Cesa nel 1709.
Albergotti scrive che "fiorì sul principio del XVIII secolo" e che delle "sue prime opere trovasi nella chiesa pievania" a "Cesa contea", "una tavola d’altare, che rappresenta la Cena del Nostro Signore Gesù Cristo con gli Apostoli". L’erudito scrive che "tiene un buon disegno, sufficiente colorito ed proporzione". Si legge poi che "per farli acquistar nome con tale opera il di lei padre che faceva il pittore, la diresse e gli aggiunse vari tocchi da maestro come si legge nello sgabello, dove sta a sedere l’apostolo Giuda.
Maddalena Franchi non era di nascita, era una dei nove figli di Antonio Franchi, celebre pittore lucchese, molto affermato nella corte medicea, lavorando anche per la famiglia Corsini. Il padre morì nel luglio 1709. Maria Maddalena Franchi era una religiosa, oltre che pittrice devozionale.
La sua firma, ben leggibile in una tavola raffigurante il Volto di Cristo a Santa Maria Maddalena dei Pazzi a Firenze, reca una scritta in cui si legge "Suor Maria Maddalena Franchi fecit 1712", apposta affinchè nessuno osasse copiarla. Il volto del Salvatore del dipinto fiorentino presenta affinità con quello omologo del dipinto di Cesa. Una seconda figura di donna artista, aretina doc, è quella di Anna Ermini, figlia di Liborio, sorella di Pietro e moglie di Angelo Ricci, grande esponente aretino tra fine ’700 e primo ’800. Anche di lei dà notizie Antonio Albergotti, definendola "pittrice vivente", perché tale era alla stesura del manoscritto: scrive che ebbe "i primi principi dal padre" e poi "profittò sotto l’abilissimo maestro Angelo Ricci" (1749-1827), molto apprezzato in città, con cui si era sposata il 28 maggio 1788.
Albergotti le riconosce grandi doti di ritrattista, oltre che di poetessa, sebbene fosse molto impegnata in occupazioni domestiche e con i numerosi figli. Ha composto sonetti in lode di Pietro Benvenuti.
Di lei si conoscono il Ritratto del Vescovo Albergotti, copia dall’originale di Pietro Benvenuti, due ovali a Sant’Agnese, dove ha lavorato anche il marito, una Madonna in Santa Maria delle Grazie e la serie a monocromi con le storie relative alla visita del Papa Pio VII alla Madonna del Conforto, eseguita nel 1823 e oggi conservata nella sagrestia della Cattedrale.
Arrivando a tempi più vicini a noi, una artista aretina di rilievo è stata Maria Tiezzi, nata ad Arezzo il 30 maggio del 1927 e morta il 6 ottobre del 2015 a Montagnano, dove ha vissuto e lavorato negli ultimi anni all’interno di un atelier "solare".
Autodidatta, ha iniziato a dipingere intorno al 1960, raggiungendo l’apice già negli anni Settanta, esponendo nelle più importanti gallerie italiane e ottenendo premi internazionali, come a Berlino alla Rassegna di Arte Italiana nel 1984.
La sua prima mostra personale ha avuto luogo ad Arezzo alla galleria Piero della Francesca nel 1974. I suoi temi, nell’ultima fase trattati ad acquarello, sono i paesaggi, le nature morte e i ritratti, "un repertorio sentimentale da lei riproposto attraverso un tonalismo caldo e dorato". Per la sua formazione fondamentale era stato l’incontro con Renzo Biasion, pittore e critico d’arte morto nel 1996.